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Bertoluzzo: «Occorre ascoltare le donne»

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IL COLLOQUIO «Tra i 65 Comuni del territorio, da gennaio di quest’anno a oggi, sono otto le donne seguite per episodi di violenza, un dato in linea con gli anni scorsi». Lo dice Marco Bertoluzzo, criminologo e direttore del consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero, che fa parte della rete territoriale antiviolenza, insieme al Comune, all’Asl Cn2, ai Carabinieri e all’Ordine degli avvocati di Asti.
Bertoluzzo prosegue: «Degli otto casi, sei riguardano donne straniere, originarie del Maghreb e dell’Est Europa, una tendenza che registriamo da diversi anni. Due di loro, che hanno deciso di reagire dopo una vita intera di violenza, sono state allontanate dal nucleo familiare, per trasferirsi in una comunità protetta».
Esiste molto sommerso in questo fenomeno? «Purtroppo, non si possono avere certezze. Ma, da fonti indirette, possiamo percepire l’esistenza di altri casi. Di certo, otto su un territorio che raggruppa circa 100mila persone, è un dato limitato, ma non possiamo quantificare la realtà che non emerge o che si rivolge ad associazioni di altre province, magari per la paura di chiedere aiuto nel luogo in cui si vive».
Si scopre un sistema di presa in carico delle donne vittime di violenza che a volte può disincentivarle a rivolgersi alle autorità: «Se di recente ci sono stati interventi normativi, che hanno introdotto nuovi reati, il sistema di risposta sul campo continua a basarsi su meccanismi che risalgono a 30 anni fa, con strumenti datati. A esempio è quasi sempre la donna a essere allontanata per la comunità protetta: si tratta però di un trauma, l’interruzione di una rete relazionale e sociale, con tutte le conseguenze sulla sua vita e su quella dei figli, anche loro strappati dalla scuola e dalle amicizie. Senza dimenticare l’indipendenza economica persa».
Bertoluzzo aggiunge altri esempi: «In egual modo, non si può legare l’iter alla sola denuncia, quando bisognerebbe agire prima, anche quando le donne non hanno la forza di denunciare. E, nel momento in cui c’è la volontà di essere allontanate da casa, anziché comunità costruite con un modello superato, sarebbe meglio pensare ad alloggi, che sono pochi: penso sarebbe necessario ascoltare le stesse donne e superare questo schema rigido, per avviare progetti personalizzati». Anche il modo in cui ci si approccia alla materia andrebbe rivisto: «Sarebbe importante ricondurre la questione alla relazione, per esempio permettendo di affrontare il problema anche con l’uomo fin dalle prime avvisaglie, cosa che non avviene. Se ogni anno si ripetono gli stessi concetti sulla violenza sulle donne, è evidente che qualcosa non sta funzionando nel sistema che abbiamo a disposizione».

f.p.

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