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Il femminicidio è solo la punta di un iceberg

Il femminicidio è solo la punta di un iceberg

IL COLLOQUIO La violenza sulle donne: un fenomeno dalle tantissime sfaccettature, di cui si parla sempre di più grazie al lavoro delle associazioni e degli enti coinvolti, anche con l’introduzione di nuovi strumenti legislativi, ma che rimane purtroppo molto presente, con episodi drammatici e un sommerso difficile da intercettare.
In occasione del 25 novembre, giornata cui ogni anno si cerca di diffondere la conoscenza del fenomeno, abbiamo intervistato Rossana Gabrieli. Psicologa e criminologa nata a Milano, ha vissuto a Roma per molti anni e da settembre si è trasferita ad Alba, dove ha assunto l’incarico di dirigente del Centro provinciale per l’istruzione degli adulti. Nel 2017 ha pubblicato il libro Femminicidio (edizioni Elemento115), frutto dell’esperienza in ambito penitenziario. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne interverrà con un video al convegno organizzato dall’Istituto di cultura italiana a Pechino, dove per due anni ha lavorato come lettrice governativa in ambito universitario.
Oggi come delineare il fenomeno della violenza sulle donne, Gabrieli?
«Il primo errore è soffermarsi soltanto sui casi conclamati – i più drammatici sono i femminicidi – quando si tratta di un fenomeno molto ampio, che parte dalla violenza sessuale e arriva a quella economica, cioè il controllo da parte dell’uomo delle finanze della donna, ma nel quale rientrano anche la violenza psicologica e ogni comportamento che arriva a sminuire la compagna, per esempio isolandola dalle amicizie o facendola sentire perennemente inadeguata, anche attraverso forme di violenza verbale. I casi più evidenti sono solo la punta dell’iceberg, al di sotto del quale si cela un sommerso molto vasto. Il primo messaggio per le donne è quello di non sottovalutare anche le più piccole forme di controllo da parte dell’uomo, che possono rivelarsi campanelli d’allarme importanti».
In Italia, quanto è presente il fenomeno?
«Dal momento che non si può quantificare il sommerso, possiamo basarci sui femminicidi: dal primo gennaio al 31 ottobre di quest’anno, in Italia sono stati 51. E bisognerà aspettare la fine dell’anno per valutarne l’andamento, anche perché le festività invernali sembrano essere momenti a rischio, stando ai dati degli anni scorsi. Se guardiamo in generale al fenomeno della violenza, il lockdown pare già aver portato a un aumento delle richieste di aiuto alle Forze dell’ordine, per via della convivenza forzata tra le mura domestiche. Per quanto riguarda i contesti in cui in Italia si manifestano gli episodi di violenza, la fascia più colpita sembra essere quella tra i 35 e i 70 anni, in contesti del tutto variabili: dalle situazioni difficili a coppie con un livello culturale alto, dagli italiani agli stranieri».
Alla luce della sua esperienza, come viene trattato il fenomeno in Cina?
«È presente, ma è molto difficile cercare di analizzarlo. La violenza sulle donne nella Repubblica popolare cinese viene affrontata come ogni altro tipo di reato, cioè cercando di sopprimerlo. Dall’altro lato, se ne parla poco a livello d’informazione, a differenza di quanto accade in Europa. C’è poi una forte differenza tra le città, in cui c’è più apertura, e le campagne, caratterizzate da un contesto di arretratezza culturale, sulle quali è ancora più difficile avere delle informazioni certe».
Eppure anche in Italia, sebbene se ne parli, il problema continua a essere molto presente…
«In Italia, ci sono stati interventi normativi recenti e ci vorrà del tempo per vederne gli effetti. Le leggi, peraltro, sono sempre migliorabili: per esempio, rimangono alcuni reati difficilmente controllabili con l’impianto legislativo attuale, come lo stalking. È certo che bisogna continuare a puntare sempre di più sulla prevenzione, a partire dalle scuole, attraverso l’educazione al rispetto dell’altro sesso. Così come bisogna aumentare la consapevolezza tra le donne, sul come riconoscere i segnali di sopruso, e allo stesso tempo avviare progetti dedicati agli uomini violenti».
Francesca Pinaffo

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