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Il Piemonte è tra i grandi malati: allerta massima

Verduno è operativo, oggi arrivano i primi ammalati di coronavirus 1

PANDEMIA Il Piemonte è uno dei grandi malati d’Italia. Se si guarda ai dati, venerdì scorso ha raggiunto l’indice di contagio più alto tra tutte le regioni, pari a 2,16 (a livello nazionale l’indice era a 1,7), ben al di là della soglia di allerta massima, oltre la quale si entra nello scenario di elevata emergenza sanitaria. La regione è, dunque, a forte rischio di diventare zona rossa, secondo l’ultimo provvedimento del Governo che entrerà in vigore da domani, giovedì 5 novembre. Intanto, negli ospedali piemontesi se i ricoveri nei reparti di terapia intensiva aumentano lentamente, non si può dire lo stesso per quelli a bassa e media intensità: centinaia ogni giorno, quasi duecento nei peggiori.

La settimana scorsa, il Dirmei, Dipartimento delle emergenze regionali, ha chiesto alle aziende sanitarie di sospendere tutte le attività ospedaliere non urgenti, in modo da dirottare il personale nei reparti Covid-19. Nell’Asl Cn2 di Alba-Bra, lo stop è attivo da giovedì scorso, con riferimento a tutte le attività di ricovero e ambulatoriali non urgenti, fatta eccezione per quelle relative alle patologie oncologiche.

Nel frattempo, fuori da diversi nosocomi, la brigata alpina Taurinense e le Forze armate hanno allestito tensostrutture utili ad alleggerire il peso sui pronto soccorso e sui reparti, in collaborazione con la Protezione civile. È stata una risposta alla richiesta di aiuto del presidente Alberto Cirio, che permetterà di avere 168 posti in più a livello regionale, da utilizzare a discrezione delle Asl. Nella Granda, i moduli sono stati allestiti di fronte agli ospedali di Savigliano e Cuneo, per il momento. Ma, per i medici ospedalieri, non è abbastanza, tanto che l’Anaao Assomed ha rivolto un drammatico appello al governatore Cirio e al ministro della salute Speranza, chiedendo un lockdown generale in Piemonte.
Nel nuovo ospedale Ferrero di Verduno, come a marzo al San Lazzaro di Alba, si è lavorato per allestire posti Covid-19. Secondo il piano pandemico del Dirmei, a Verduno sarebbero attivabili da 128 a 160 posti, a seconda dello scenario d’emergenza, per contribuire al raggiungimento dei 5.500 letti previsti in Piemonte. Ma per il direttore generale della Cn2 Massimo Veglio, «nemmeno fermando tutte le altre attività si potrebbe avere personale sufficiente». Dal primo reparto da 55 posti, attivo fino a una settimana fa al quinto piano, oggi le sezioni sono tre, arrivando a un totale di 120 letti disponibili per malati di coronavirus a bassa-media intensità, ricavati in aree del nosocomio non utilizzate o in spazi lasciati vuoti dalla sospensione delle attività non urgenti. A questi, si aggiungono gli 8 posti della terapia intensiva Covid-19, come richiesto.

«Qualche giorno fa, la situazione era molto critica. Poi, abbiamo ripreso il controllo, anche grazie alle caratteristiche del Ferrero, un ospedale nuovo, molto ampio e facilmente rimodulabile. Abbiamo ricoverato anche pazienti provenienti dal Santa Croce di Cuneo, dove non era più possibile l’accoglienza. Oggi il problema non sono le strutture, ma il personale, la cui carenza continua a essere drammatica».
Intanto, a Verduno, il numero dei ricoverati Covid è salito in modo esponenziale: se a inizio ottobre i degenti erano 5, in questo momento sono 110, secondo l’ultimo dato fornito dall’Asl, aggiornato a domenica. Una cifra che ha superato di venti unità i pazienti nei reparti non Covid, che sono 90, complice lo stop delle operazioni non urgenti.

Impensabile quindi attingere ai sanitari della Cn2 per attivare i posti negli ex ospedali di Alba e Bra, un progetto annunciato dalla Regione un mese fa e al quale si è lavorato: «Dei 300 posti complessivi tra i due ospedali, 100 potrebbero ospitare subito malati di coronavirus: abbiamo riallestito i letti e gli spazi. Ma cerchiamo inutilmente sanitari ovunque, persino nel resto d’Europa, a partire dagli infermieri e dagli operatori sociosanitari. Purtroppo non sono arrivate risposte adeguate nemmeno dal privato. È un peccato, poiché le due strutture potrebbero alleggerire di molto il peso sul Ferrero».

Per quanto riguarda i medici, in verità una buona notizia, anche se parziale, c’è: la risposta di 70 giovani professionisti a uno dei bandi lanciati dalla Cn2. Ma, come precisa Veglio, «sono tutti specializzandi o neolaureati: alcuni saranno contrattualizzati, ma dovranno essere affiancati da altri medici d’esperienza. Ora si sta lavorando per creare équipe miste, attingendo al personale temporaneamente sollevato dalle attività ordinarie». Un altro problema è quello dell’isolamento al domicilio dei positivi, spesso non possibile nelle loro abitazioni: «Nel Cuneese c’è solo a Centallo un hotel per i pazienti che non necessitano ricovero. Abbiamo tentato di reperire strutture anche rivolgendoci alla Conferenza dei sindaci Asl, ma per ora non si è concretizzato nulla: in certi casi, in mancanza di alternative, siamo stati costretti a procedere all’ospedalizzazione».

Francesca Pinaffo

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