La Francia non può esigere uguaglianza e libertà, dimenticandosi della fraternità

La Francia non può esigere uguaglianza e libertà, dimenticandosi della fraternità

LETTERA AL GIORNALE È l’ora delle piazze. Mentre attorno a noi cresce la protesta contro i provvedimenti restrittivi del Governo nel disperato tentativo di bloccare la diffusione del virus, nel mondo musulmano monta la protesta contro il presidente francese Emanuel Macron, sceso personalmente in campo per difendere la libertà di espressione, anche nei modi e nelle forme di Charlie Hebdo.

La domanda che mi pongo, insieme a tanti altri è: era davvero il caso di rispolverare le sciagurate vignette che hanno già fatto scorrere tanto sangue? In un momento in cui servirebbe unirsi contro la minaccia globale del virus? Conosco la risposta: dobbiamo rivendicare e difendere la libertà di espressione, un carattere distintivo della nostra civiltà, un contrassegno della democrazia, contro ogni forma di totalitarismo. Io credo che la risposta debba essere più articolata, alla luce anche dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Se riconosciamo all’illuminismo francese il merito di avere sintetizzato in tre parole – liberté, egalité, fraternité – la base del sistema democratico, dobbiamo essere logici e coerenti fino in fondo.

Mi spiego con un’immagine: un Paese che si fonda su libertà, uguaglianza e fratellanza può essere paragonato a un tavolino con tre gambe. Sta su, ma il suo equilibrio è molto precario: non sta in piedi se una delle gambe cede o se una è troppo lunga rispetto alle altre! Fuor di metafora, ammesso che sia espressione di libertà (cosa su cui nutro seri dubbi), non credo sia espressione di fratellanza fare dell’ironia su un fratello, mettendo in ridicolo i valori in cui crede o quelli che per me sono i suoi difetti. In questo momento poi, un gesto simile è come infilare il coltello in una piaga non ancora rimarginata. Non credo che si possa chiamare fratellanza l’atteggiamento di un fratello, che, forte del suo carattere più allegro e burlone, continua a stuzzicare l’altro, più ombroso e irascibile. Chi provoca si assume la responsabilità anche delle fin troppo prevedibili reazioni.

La fratellanza, ci ha ricordato papa Francesco nell’enciclica, sancisce il diritto per gli eguali di crescere come persone diverse, combinato con il dovere di mettere questa diversità a servizio del bene comune. Il diritto di essere diversi vale anche per le scelte religiose, come teorizzato già nel documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi.

In un momento in cui abbiamo bisogno di far fronte comune contro la diffusione del virus serve un richiamo alla responsabilità. Magari ricordando, quanto teorizzato da monsignor Rossano quando diceva che il dialogo fraterno prevede cinque passi: tolleranza, rispetto, conoscenza, ammirazione e lavoro per costruire la casa comune. Con l’aggiunta del Papa, l’interazione tra persone diverse è come un ingranaggio: non può fare a meno dell’olio della gentilezza. Che è tutto l’opposto dell’ironia e del sarcasmo.

Battista Galvagno

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