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Non c’è progresso che sconfigga sentimenti patologici come l’invidia: dalla cronaca alla lezione di Francesco

LETTERA AL GIORNALE Al tempo del Covid-19 può capitare che chi vi vuole bene vi possa tentare con un caffè all’ansiolitico. È quanto capitato a Bra, dove una brava impiegata ogni giorno si beveva il caffè offertole dall’amica che proprio amica non era. Neanche Agatha Christie si sarebbe potuta inventare una storia così tragica, un dramma che ha il sapore dell’inganno e l’effetto dell’invidia. La generosa collega era premurosa a servire il cappuccino e poi a constatarne l’effetto.

Non c’è progresso che sconfigga sentimenti patologici come l’invidia: dalla cronaca alla lezione di Francesco
Caino uccide Abele, particolare del mosaico nella cattedrale di Monreale (Pa).

Quanti di questi strani personaggi o colleghi soffrono del male oscuro dell’invidia! Tanti, soprattutto in un’epoca in cui vince l’ordinario, il mediocre. Si tratta di un male della nostra epoca decadente, un pericolo poco considerato, in un mondo dove vince la burocrazia e la stagnazione, dove chiunque si impegni a far bene rischia la capitolazione. Quindi, popolo della passione, fate attenzione, perché Orfeo vi guarda. Attenti a non essere troppo bravi a mostrare impegno e pervicacia. Potreste pagare a caro prezzo la vostra abilità e trovarvi a colazione una buona dose di calmante.

Bruno Murialdo

Gentile Murialdo, grazie per la considerazione su alcuni aspetti del nostro vivere quotidiano che mettono a nudo sentimenti e comportamenti distruttivi. Non vogliamo entrare nel merito del fatto di cronaca, cui lei fa riferimento, e della vicenda giudiziaria che ne è seguita: a questo provvederanno i tribunali e la giustizia ordinaria.

Una riflessione generale però possiamo farla. Non possiamo non apprezzare quella che normalmente viene indicata come sana emulazione, ovvero quella tensione a dare il meglio di sé, a partire dall’esempio che altri ci danno. Così stimoliamo i più piccoli a sognare il loro futuro come pompieri, astronauti, scienziati capaci di aiutare il prossimo, fare scoperte e debellare le pandemie; o molto più prosaicamente a diventare veline e calciatori perché si guadagna e anche facilmente. Ma è pur sempre l’esercizio, più o meno qualificato, di un’attività di stimolo ad ambire qualcosa di grande nella vita.

Diverso è quando questa tensione emulativa, o ambizione, diventa patologica, trasformandosi in invidia e spingendo l’individuo anche a gesti insani e violenti, non solo verso sé stesso, ma anche verso gli altri. E non è che su questo fronte le cose siano migliorate con il progresso umano e scientifico. Mai e in nessuna epoca possiamo ritenerci al sicuro da comportamenti devianti: l’invidia, ci insegna la Bibbia, è cominciata con la storia dell’umanità, a partire da Caino e Abele, con il primo che uccide il secondo. Se vogliamo essere più pignoli, possiamo leggere anche la storia di Adamo ed Eva in termini di invidia dei nostri progenitori nei confronti di Dio stesso, al punto di cedere alle tentazioni del serpente e mangiare il frutto dell’albero del bene e del male, per poter diventare come Dio. E sappiamo le conseguenze che vengono indicate proprio sulla base del loro “peccato originale”.

Invidia, sete di potere, guerre e violenze fanno parte della storia, quella fatta da uomini e donne, in carne e ossa, provocando immani tragedie in ogni epoca, travolgendo milioni di innocenti. Ecco perché papa Bergoglio invita tutti, credenti e non, ad assumere l’atteggiamento del Poverello di Assisi e considerare “Fratelli tutti” (è il titolo dell’ultima enciclica papale): «Ci colpisce come, ottocento anni fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede» (Fratelli tutti, n. 3).

g.t.

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