Gioco, la legge regionale ha degli effetti collaterali

Gioco, la legge regionale ha degli effetti collaterali

LUDOPATIA «La piena applicazione del distanziometro, da maggio 2021, potrebbe portare a una perdita tra i 2.870 e i 3.800 posti di lavoro rispetto al 2016». È il dato che emerge, tra i tanti presentati dalla Confederazione generale italiana dell’artigianato (Cgia) di Mestre, nel rapporto sul gioco legale in Piemonte: un webinar, organizzato con il sostegno di Assotrattenimento, sigla che raggruppa gli operatori del gioco lecito, e Associazione nazionale gestori giochi di Stato (Sapar), per dimostrare gli effetti negativi della legge regionale del 2016 per il contrasto al gioco d’azzardo patologico.
Il testo ha istituito limitazioni all’installazione di slot machine nei centri abitati: le attività che ne sono in possesso devono rispettare delle distanze minime (da qui il termine distanziometro) fra gli apparecchi e i punti sensibili, su tutti scuole, negozi di compro oro e strutture sanitarie. La legge stabilisce anche lo spegnimento dei dispositivi per almeno tre ore al giorno. La Cgia ha sottolineato che «nonostante il distanziometro previsto, nel 2016-2019, i volumi di denaro circolanti in Piemonte sono cresciuti di 460 milioni di euro (+7%). I dati della Finanza danno un aumento delle irregolarità e un incremento dell’imposta evasa: si è passati dai 477mila euro del 2016 agli oltre quattro milioni e mezzo nel 2018. La riduzione del numero delle macchinette stabilita dalle norme nazionali, unita all’inasprimento delle limitazioni di distanze da luoghi sensibili e degli orari di gioco da parte di regioni ed enti locali, ha determinato una contrazione del mercato e un probabile incremento dei fenomeni illegali».
Quello che lo studio non prende in considerazione è però il devastante impatto sociale del gioco d’azzardo con i costi per la collettività, un impatto messo in evidenza da numerosi studi e ampiamente trattato anche su Gazzetta.

Con cinquemila slot in meno ricadute possibili anche sulle casse dell’erario

Immagine d'archivio
Immagine d’archivio

Crisi occupazionale del settore gioco d’azzardo lecito e calo delle entrate fiscali legate agli apparecchi, scrive la Cgia di Mestre. «Gli incassi delle slot machine stanno crollando, con pesanti ricadute occupazionali e un taglio netto per le entrate erariali. Nel periodo 2016-2019 le macchinette da gioco, in Piemonte, sono diminuite di oltre 17mila unità: una contrazione del 60 per cento circa. Ancora più drastico il dato sugli esercizi generalisti, come bar e tabacchi, in cui erano presenti apparecchi da gioco. Dalle 6.323 attività del 2016, alle 1.431 del 2019: pari al 77,4 per cento in meno; ben più del doppio rispetto alla media nazionale (30 per cento). A rischio ci sono naturalmente anche i dipendenti, la cui occupazione è garantita dal reddito delle slot machine. A conti fatti i posti di lavoro persi sono 1.700, valutazione prudenziale condotta sui dati disponibili fino a dicembre 2019, che non considera ancora l’impatto del distanziometro sul settore delle sale dedicate». Se da una parte la relazione punta a dimostrare l’inefficacia della legge sul fronte della prevenzione dei fenomeni di ludopatia, dall’altra sottolinea l’estrema efficienza nel tagliare il numero di slot nei centri storici cittadini. Altro aspetto sono le perdite per l’erario, pari a circa 163 milioni tra Prelievo erariale unico (o Preu, la tassa pagata dai gestori di sale gioco) e canone di concessione: si sale a 200 milioni se si calcola il mancato gettito legato alla contrazione del fatturato per le aziende. Per quest’ultima voce il decremento è di 66 milioni di euro l’anno.

La norma funziona: lo dicono i dati

LUDOPATIA  «In Piemonte il comparto slot machine e videolotteries ha garantito entrate per oltre 354 milioni di euro nel 2019: si tratta del 55% dei gettiti da tutte le tipologie di giochi leciti. Se questi introiti sparissero e si volesse rimpiazzarli ogni famiglia piemontese dovrebbe versare 176 euro l’anno».
Il dato proviene dal rapporto, dedicato dalla Confederazione degli artigiani di Mestre alle conseguenze occupazionali della legge regionale per la limitazione del gioco d’azzardo.
Fra gli oppositori c’è l’assessore Andrea Tronzano della Lega: «Possiamo arrivare a nuove disposizioni entro maggio 2021: la volontà politica c’è. A essere inaccettabile è l’effetto retroattivo della legge attuale: una disposizione di questo tipo mette in discussione tutta la filiera, danneggiando gli imprenditori e i loro investimenti e ledendo, fra l’altro, il principio di affidamento. Stiamo lavorando per ottenere delle deroghe; bisogna rivedere anche il distanziometro: nessuno mette in discussione il diritto alla salute, ma noi vogliamo affiancargli il rispetto del diritto d’impresa. Abbiamo già 3-400mila euro a bilancio per programmi di prevenzione della ludopatia che non elimineremo con la nuova legge. Penso piuttosto si possano conciliare entrambi gli aspetti». L’altra campana è quella del consigliere pentastellato Ivano Martinetti che replica, a nome del suo gruppo: «Nel mezzo della seconda ondata di contagi da Covid-19, il centrodestra piemontese pensa a smantellare la legge regionale contro le ludopatie. Una prospettiva folle, soprattutto se pensiamo al delicato momento che sta attraversando la regione. Incentivare il gioco d’azzardo non è certo un modo accettabile per far ripartire l’economia: non lo permetteremo, e difenderemo in ogni modo l’ottima legge regionale, alla cui stesura, nel 2016, il M5s ha collaborato con proposte concrete a tutela dei cittadini. Si tratta di un modello imitato da altre Regioni che Cirio e la Lega vorrebbero annacquare: i numeri dimostrano che il provvedimento contro il gioco d’azzardo patologico funziona, come peraltro evidenziato da un recente studio di Ires Piemonte. Lo stesso fanno le pagine del rapporto della Cgia di Mestre, evidenziando che si stanno raggiungendo gli obiettivi prefissati, nonostante il documento si soffermi prevalentemente sugli effetti negativi per i gestori».
Conclude Martinetti: «Sono conseguenze prevedibili che vanno contrastate con adeguate politiche per il lavoro di cui il Piemonte è responsabile. Lo studio, poi, non tiene conto degli effetti positivi avuti dalla legge sul versante sanitario e sociale».

Marcello Pasquero

 

 

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