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Il luogo dove impariamo a essere noi stessi

Il luogo dove impariamo a essere noi stessi

PENSIERO PER DOMENICA – SANTA FAMIGLIA – 27 DICEMBRE

Le letture della festa della Santa Famiglia abbracciano tutto l’arco della vita e offrono un’immagine di famiglia come l’ambiente vitale per eccellenza. In essa ci si prepara ad accogliere nuova vita, come ha fatto Abramo (Gn 15,1-6.21,1-3) e la famiglia è anche l’ambiente più umano per prendere congedo da essa, come ci mostrano i vecchi Simeone ed Anna (Lc 2,22-40).

Il luogo dove impariamo a essere noi stessi
Presentazione di Gesù al Tempio, miniatura armena del XIII/XIV secolo, Collezione Matenadaran al Museo di Yerevan.

La famiglia è la culla della vita, fin dai primordi dell’umanità. Quando la nuova vita manca o tarda ad arrivare, come è successo ad Abramo, scatta quella sensazione di vuoto che spinge il patriarca a lamentarsi con Dio, perché sembra sia venuta meno la sua promessa. Finalmente, con la nascita di Isacco, la promessa di Dio si compie. Tante volte è stato ripetuto che la nascita di un bambino è un segno che Dio non si è ancora stancato dell’umanità. Il fascino del Natale che abbiamo appena celebrato è legato anche allo stupore di fronte alla vita che nasce.

La famiglia è la culla della fede e della sua trasmissione. Nella seconda lettura (Ebr 11,8-19) all’interno di una bella sintesi dell’antica storia della salvezza, troviamo ancora le figure di Abramo e Sara, presentati come modelli di fede: una fede così forte da resistere ai ritardi della promessa di Dio e alle prove della vita. Questa pagina, proclamata nella festa odierna, può farci riflettere sul ruolo della famiglia nel cammino di fede. Questa è un dono di Dio, ma senza il terreno della famiglia fa molta fatica a crescere, soprattutto quando ci sono tempi avversi e difficoltà. La famiglia è il luogo in cui siamo semplicemente noi stessi, senza ruoli e senza difese. Ed è proprio quando siamo senza difese che Dio ci raggiunge con la sua grazia e ci rende capaci di vivere e testimoniare la fede.

    In famiglia è possibile un congedo “sereno” dalla vita. La preghiera del vecchio Simeone è quella che ognuno di noi vorrebbe avere la forza e la lucidità di recitare, ovviamente il più tardi possibile. Ciò che la fa scaturire nel suo cuore e la fa salire alle sue labbra è la vista del bambino Gesù, nelle braccia di Maria e Giuseppe. In quel momento capisce che può lasciare questa terra in buone mani. Il passaggio di consegne tra generazioni è nell’ordine della natura. Una delle immagini che certo rimarranno di questo 2020 non è quella del coronavirus – ricostruita grazie al computer – ma quella delle bare portate via dai camion militari. Ascoltando la serena preghiera di congedo di Simeone ricordiamo tutti gli anziani morti in solitudine e preghiamo perché il loro dramma non sia vano.

Lidia e Battista Galvagno

 

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