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Scopriamo le origini del modo di dire: “T’hai sempre mangià ‘nt na scàȓpa e baivu ‘nt na roaneȓa”

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Roaneȓe: Orme, solchi, impronte lasciate dalle ruote dei carri sulla carreggiata terrosa. Rigagnoli.

 

Le condizioni meteo e le sue conseguenze hanno sempre avuto una grande influenza sulla vita rurale delle campagne piemontesi, dai periodi più antichi, sino a quelli più moderni e tecnologici. Ad ogni modo “la terra è bassa”, lo sa bene chi la lavora tutti i giorni.

Questa settimana mi piacerebbe raccontare qualcosa intorno a un sostantivo curioso, antico ed estremamente narrativo, poiché racconta il passaggio dell’uomo in campagna: le roaneȓe o roanele che dir si voglia. Qualcuno le chiama anche carzà o più semplicemente roeȓe. Femminile e plurale, è una parola che descrive niente meno che le impronte che i carri lasciano sulle strade di campagna.

Oggigiorno dobbiamo usare un po’ l’immaginazione, poiché la maggior parte delle strade deputate al passaggio dei mezzi, sono ormai asfaltate: questo fa sì che non rimangano le impronte di un mezzo transitato, a meno che non sia proprio infradiciato di fango; succede però sulle strade sterrate, terrose, specie se è piovuto da poco o addirittura nevicato: in quest’ultimo caso l’impronta è anche cromatica.

Un tempo, invece, che si trattasse di un carton, un biròcc, un mezzo agricolo di qualunque genere purché sorretto e trasportato da due ruote, il segno lo lasciava eccome, erano le ormai note roaneȓe, appunto.

Per capire l’origine di questa parola, dobbiamo fare un piccolissimo passo indietro, poiché la parola-madre piemontese è , riàn, rian-a, ovverosia il ‘rittano’ anche contemplato nella toponomastica piemontese. L’etimologia è però latina, con almeno un paio di riferimenti significativi; rivum (ruscello, rivolo) e ritanum (rio); la “o” di roaneȓa è giustificata dall’influsso di rota, per l’analogia con il solco praticato dalla ruota del carro sulla carreggiata. Anche le lingue francese e provenzale sono ambasciatrici di questa radice lemmatica.

E se in italiano si dice ‘parla come mangi’, per ricordare le umili origini a un interlocutore un po’ su di giri, in piemontese diciamo spesso e volentieri: t’hai sempre mangià ‘nt na scàȓpa e baivu ‘nt na roaneȓa, paid mì (hai sempre mangiato in una scarpa e bevuto in un’impronta di ruota, come me). Così povero da non potersi permettere un bicchiere.

Paolo Tibaldi

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