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All’ospedale Alba-Bra giardini per star bene

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Il giardino curativo realizzato al San Carlo Borromeo di Milano

ALBA La natura attorno, ma soprattutto dentro all’ospedale, per creare spazi in grado di apportare benefici per tutti coloro che lo vivono. Da qui parte l’ambizioso progetto della fondazione Nuovo ospedale Alba-Bra, con il sostegno della famiglia Ferrero: realizzare un parco per il nosocomio di Verduno, partendo dai 50mila metri quadrati adiacenti alla struttura. La progettazione è stata affidata al gruppo coordinato da Giulio Senes e Natalia Fumagalli, docenti dell’Università di Milano, massimi esperti in Italia nel campo dei giardini curativi, in inglese healing gardens, sui quali è iniziato un lavoro di progettazione condivisa insieme ai reparti ospedalieri coinvolti. Oltre ai giardini, si sta lavorando al viale d’ingresso, mentre in un secondo momento verranno prese in considerazione le aree più esterne, in parte boschive e agricole dismesse. Per comprendere meglio il progetto, abbiamo intervistato Senes, agronomo di formazione e docente di pianificazione territoriale e progettazione di green infrastructures.

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Un particolare dell’healing garden del Boston children’s hospital

Senes, quanto è importante per un ospedale poter contare su spazi verdi?

«Lo dice il concetto stesso di healing gardens, che potremmo tradurre come “giardini del benessere”, partendo dalla definizione di salute che dà l’Organizzazione mondiale della sanità, basata sulla dimensione fisica, ma pure psicologica. In questo, la natura gioca un ruolo molto importante. E lo dimostra anche l’approccio alla progettazione ospedaliera che si sta sviluppando in tutto il mondo. Per esempio, nei Paesi anglosassoni, i nosocomi devono prevedere degli spazi verdi, proprio secondo le certificazioni in materia. Negli Stati Uniti, in un ospedale di recente costruzione, si offre ai pazienti la possibilità di scegliere se sottoporsi alla chemioterapia all’interno o all’esterno: questo non significa affermare che il contatto con la natura possa guarire da gravi patologie, ma che può portare benefici e migliorare la qualità della vita delle persone malate, così come allentare la tensione dei familiari, senza dimenticare il ruolo per chi lavora in ospedale, riducendo l’impatto dello stress».

Quale approccio avete scelto di portare avanti per il Ferrero?

«Il Ferrero si trova su una collina, in un contesto naturale, ma dall’interno questo aspetto non si percepisce in modo marcato, perché l’ambiente è molto moderno e tecnologico. In più, l’iter che ha portato alla sua nascita è stato lungo e travagliato, spesso non condiviso dalla comunità: per questo, puntiamo a ricostituire il legame tra l’ospedale di Alba-Bra e i cittadini. Il primo passo sarà quindi partire dalla progettazione per gli spazi annessi e immediatamente adiacenti: parliamo di circa 50mila metri quadrati tra cortili, portici, terrazzi e tetti, direttamente accessibili per chi frequenta la struttura. Dal momento che non siamo uno studio di progettazione, ma un’università, portiamo avanti prima di tutto un lavoro di ricerca, che si basa sul confronto con i destinatari. Così, per gli healing gardens, abbiamo iniziato il confronto con i reparti ospedalieri, dalla psichiatria all’area materno infantile, ma anche la radioterapia, per esempio. Per ciascuna unità ci sono esigenze e spazi diversi, che svilupperemo a partire dalle proposte. In questo momento, non ci sono ancora progetti definitivi, dal momento che siamo nella prima fase».

CHI È Uno dei massimi esperti in Italia

All’ospedale Alba-Bra giardini per star beneGiulio Senes, autore di una novantina di pubblicazioni, è docente presso il Dipartimento di scienze agrarie e ambientali dell’Università di Milano, dove dirige il corso che si occupa di healing gardens cioè progettazione del verde nelle strutture di cura; visiting professor presso la Universidad de la Republica di Montevideo (Uruguay) nell’ambito della Licenciatura in diseño de paisaje, è – tra i molti altri incarichi – presidente della Egwa ( European greenways association).

Un viale d’ingresso con essenze autoctone

Per quanto riguarda gli altri 15 ettari di terreni che circondano l’ospedale di Verduno, come vi state muovendo, Senes?

«Abbiamo mappato la totalità dei terreni, ma delle parti più esterne ci occuperemo solo in un secondo momento. Ci sono però delle idee, sulle quali di certo ci confronteremo anche con il territorio e con le associazioni ambientaliste. Per la strada d’ingresso, nella parte più vicina all’ospedale, si potrebbe realizzare un viale alberato. Nella parte iniziale, dove le pendenze sono più elevate, lavoreremo con alberi e arbusti, puntando anche sulle varietà cromatiche. Di certo, utilizzeremo specie autoctone. Nei 15 ettari di terreno sono compresi anche altre aree e un piccolo boschetto, oggi abbandonato: come ho già avuto modo di ribadire, dovrà essere mantenuto com’è, con la creazione di sentieri in grado di collegarlo con il nosocomio e la giusta manutenzione. Mi piace citare l’esempio di un ospedale norvegese, dove sono state realizzate casette in legno per pazienti e familiari, utili per metabolizzare notizie infauste: non dico che si debba fare a Verduno, ma l’esempio rende l’idea di come un bosco possa essere terapeutico. Salendo sulla collina, si notano terreni incolti e un noccioleto abbandonato: su questi spazi, non abbiamo ancora un progetto definitivo, ma potremmo pensare a un piccolo vigneto o a una tartufaia, come è già stato proposto, ma anche a mantenere il noccioleto, non certo in chiave produttiva ma rendendolo fruibile come ambiente naturale. Non abbiamo infatti intenzione di stravolgere, ma conservare e tutelare le caratteristiche del luogo».

Francesca Pinaffo

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