Caritas diocesana: la grande rivoluzione di don Mario Merotta

SOCIETÀ  Soltanto nelle intemperie spicca il faro che illumina la direzione; solo nel dissesto emergono le forze in grado di sorreggere, riparare, reinventare. Mentre il periodo pandemico costringe il mondo a un prolungato sforzo, con discreta ma esatta efficacia la grande macchina della Caritas diocesana continua a operare ad Alba al fianco delle fasce più vulnerabili della popolazione. È un’azione che non si limita al primo soccorso ma all’individuazione di risorse, alla responsabilizzazione, alla formazione, al recupero di forze e all’integrazione sociale, lavorativa e culturale di molte persone e famiglie in temporanea difficoltà.

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il direttore della Caritas diocesana, don Mario Merotta

Quest’azione protettiva è diventata ancora più capillare durante l’emergenza dovuta alla persistenza del Covid-19. Qualche mese fa avevamo raccontato come da agosto 2019 a settembre 2020 la Caritas abbia speso oltre 214mila euro per il supporto di individui e famiglie in condizione di fragilità socioeconomica o abitativa. Di questa cifra, ben 56mila euro sono confluiti nel supporto al pagamento di affitti e spese condominiali e 57mila per coprire le bollette. Poi, si conta l’attività dell’Emporio solidale, che ha riguardato nell’ultimo anno un totale di 1.304 utenti, per un corrispettivo di 437 famiglie. Si tratta di persone che vivono in gran parte con Isee inferiore ai 6mila euro, dunque esitano sotto la soglia di povertà assoluta perché impossibilitate a fronteggiare i bisogni di sussistenza primaria. Anche in questo caso l’Emporio non si è limitato soltanto a fornire cibo e generi indispensabili, ma si sta trasformando in un vero e proprio centro d’informazione, socializzazione e formazione.

A tutto questo si aggiungono le attività dei centri di ascolto, del Centro di prima accoglienza di via Pola che ospita i senzatetto, le operazioni quotidiane di organizzazione e mappatura, le nuove idee che prendono forma. Spiega il direttore della Caritas diocesana, don Mario Merotta: «La difficoltà e il bisogno nel territorio della nostra diocesi sono aumentati sia dal punto di vista economico che sociale. La voglia di aiutare è tanta, ma le persone che chiedono aiuto sono in incremento: alcuni di questi individui e famiglie sono persone che non si erano mai rivolti a noi. In alcuni casi si tratta di una vulnerabilità causata direttamente dalla pandemia: pensiamo, ad esempio, a chi ha perso il lavoro. In altri casi si tratta di vulnerabilità già latenti e che il Covid-19 ha fatto emergere».

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Prosegue Merotta: «Un aspetto a cui teniamo molto è il concetto di “apertura”: la Caritas deve muoversi all’interno di una rete, chiedere aiuto, collaborare, interagire. Stiamo tentando di applicare questa filosofia a partire dal territorio, nella relazione con interlocutori cruciali come il consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero, lavorando in modo congiunto e mettendo a disposizione reciproca le informazioni di cui disponiamo sulle singole situazioni difficili»

Per uscire da questo impegnativo periodo l’obiettivo è superare sia una prospettiva di lavoro individualistica, in cui ogni ente è separato dall’altro, sia una logica d’intervento assistenzialistico. La missione della Caritas diventa invece quella di svolgere una funzione di accompagnamento, conclude don Mario, «di rappresentare un braccio che sorregge la persona in difficoltà e la orienta nel percorso verso altri enti e istituzioni di supporto. Penso che questo atteggiamento possa consentire sul lungo termine la realizzazione di reti strutturate e solide sul territorio, al cui interno ogni entità giocherà il proprio ruolo nel percorso di presa in carico della vulnerabilità socioeconomica».

Per raggiungere questi obiettivi, la Caritas si è mossa come una forza disponibile creativa e negli ultimi mesi si è esplicata in diversi progetti. In queste pagine ne vediamo alcuni.

Roberto Aria

“In vino veritas, in birra Caritas”

Nel carnet Caritas non ci sono solo le attività tradizionali, ma una serie di progetti inediti sia nel contenuto che nella forma: operazioni che hanno l’intento di mettere in moto azioni efficaci, ma sono anche pensate per allacciare legami e relazioni tra i vari enti del territorio. Così la Caritas diocesana sembra aver reinventato in tempi di pandemia il concetto di aiuto e la metodologia con cui esso viene applicato.

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IL PROGETTO / 1 Con il pane raffermo raccolto dall’Emporio solidale verrà prodotta birra nei locali di un birrificio albese: il prodotto verrà donato ad alcuni negozi, che a loro volta potranno rendersi disponibili all’inserimento lavorativo di persone bisognose. Il progetto si chiama “In vino veritas, in birra Caritas”.

Spiega il direttore, don Mario Merotta: «Grazie alla disponibilità e collaborazione dell’Università del gusto di Pollenzo è stato attivato un corso formativo per più di 20 persone in difficoltà economica e che cercano lavoro: il percorso è gratuito e include sia una parte pratica che una teorica legata alla produzione della birra. Nelle scuole verrà indetto un concorso per la realizzazione dell’etichetta delle bottiglie, dando la possibilità ai ragazzi di sperimentare le loro idee creative».

IL PROGETTO / 2 Grazie alla collaborazione con la fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, la Caritas potrà erogare un contributo alle aziende o alle famiglie che hanno riscontrato difficoltà economiche durante il difficile periodo pandemico. «Le fondazioni, durante questi mesi segnati dalla diffusione del Covid-19, hanno garantito un aiuto fondamentale», spiega infatti, don Mario Merotta.

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IL PROGETTO / 3 Presidio Cuneo Covid-19 (si veda anche la storia nella pagina accanto) prevede una mappatura del territorio per individuare i bisogni e le urgenze su cui lavorare. In particolare saranno gli immigrati stagionali – sovente soggetti vulnerabili ed esposti a problematiche multiple di tipo socioeconomico – a rappresentare l’oggetto di attenzione. «Il progetto è stato avviato in collaborazione con la Caritas di Cuneo e Saluzzo», conferma don Mario. «Ci siamo accorti che moltissime persone di origine straniera si trovano in condizione di difficoltà, aggravate in alcuni casi da fenomeni gravi come quelli del caporalato e dello sfruttamento».

r.a.

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