I robot al posto degli uomini: affrontare il futuro del lavoro

I robot al posto degli uomini: affrontare il futuro del lavoro 1

INTERVISTA Marco Magnani è un economista che vive da trent’anni fra Italia e Stati Uniti. Docente di Monetary and Financial Economics alla Luiss Guido Carli, collabora anche con l’Istituto affari internazionali. Dal 2011 è ricercatore alla Harvard Kennedy School of Government: sovente ospite dell’amico albese Bruno Ceretto, Magnani conserva un legame stretto con il territorio delle Langhe.

I robot al posto degli uomini: affrontare il futuro del lavoro
Marco Magnani

Nel 2020 ha scritto L’Onda perfetta. Cavalcare il cambiamento senza esserne travolti (Luiss University Press, 2020) ed è appena uscita la riedizione di Fatti non foste a viver come robot (Utet, 2020), un saggio in cui viene delineato lo sviluppo della società odierna dal punto di vista della relazione tra esseri umani e tecnologia. Magnani spiega: «Siamo entrati in una nuova epoca, con una nuova normalità da inventare. Anche ora, che arriverà il vaccino per il Covid-19, la minaccia di virus e pandemie sarà entrata a far parte delle nostre vite, del nostro modo di lavorare, produrre e consumare. Ritengo che la capacità di imparare da tutto ciò che sta accadendo e di adattarvisi sia fondamentale per il nostro futuro».

Come evolverà la nostra economia dopo il Covid-19? Quali saranno le opportunità e i rischi sul fronte produttivo, innovativo, occupazionale, Magnani?

«I rischi sono legati soprattutto alle catene globali del valore, che hanno dimostrato di essere molto fragili. Molte imprese in passato hanno delocalizzato in altri Paesi, alla ricerca di un costo del lavoro più basso: queste aziende potrebbero avere difficoltà, tanto che in alcuni settori assisteremo al reshoring, cioè al rientro in patria delle produzioni. E questo potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita e occupazione per alcuni territori. Le maggiori spinte potrebbero riguardare i settori tecnologico, telecomunicazioni, logistica, farmaceutico e sanitario. E, naturalmente, la green economy».

Sta dicendo che la pandemia potrebbe accelerare il processo di trasformazione dell’economia in un’ottica più sostenibile dal punto di vista ambientale?

«Per quanto riguarda l’economia verde, la pandemia ci ha fatto capire che non solo si può crescere in modo sostenibile, ma che investire in sostenibilità ambientale può addirittura rivelarsi un’opportunità per ampliare l’attività economica e incrementare l’occupazione. Una riflessione sul crollo dell’inquinamento seguito alla diffusione del coronavirus potrebbe stimolare a ripensare alcuni sistemi di produzione e di trasporto. E a perseguire nuove opzioni per la crescita».

Quale ruolo avrà la robotizzazione nel mondo di domani, dopo la pandemia?

«La pandemia certamente accelererà la diffusione delle innovazioni tecnologiche in generale, dai robot ai sistemi d’intelligenza artificiale: il trend, peraltro, era già in corso da tempo. Una conseguenza positiva sarà l’aumento della produttività, ma ciò renderà anche “superflui” molti posti di lavoro. L’accelerazione nella diffusione di innovazioni tecnologiche avverrà per diversi motivi. Innanzitutto, perché introducendo macchine e robot e lavorando da remoto grazie alle tecnologie digitali, i rischi di contagio sono inferiori. Inoltre, a fronte della pesante crisi economica molte imprese saranno costrette, per sopravvivere, a tagliare i costi, sostituendo persone con macchine. C’è poi un aspetto culturale: ci stiamo abituando rapidamente a impiegare la tecnologia. Questo indirizzo renderà però necessario e urgente introdurre nuovi meccanismi di redistribuzione del reddito, per affrontare l’emergenza occupazionale nel breve termine. Tuttavia, è necessario pensare in modo concreto al futuro del lavoro sul lungo periodo».

Quali sono i passi da fare per trasformare i modelli operativi tradizionali su questo fronte?

«La chiave è investire in istruzione e formazione per preparare le persone ad affrontare con successo i nuovi mestieri digitali. E passare gradualmente dalla redistribuzione alla predistribuzione. Più che trasferire reddito, è infatti sempre più importante mettere le persone nelle condizioni di generarlo».

Quali saranno, a suo avviso, le categorie più a rischio nel mondo che ci attende?

«Il coronavirus sta avendo conseguenze pesanti sulla sostenibilità sociale. La recessione economica sta indebolendo la classe media, perché colpisce molte delle sue attività economiche e professioni. Pensiamo ai danni subiti in questo periodo da artigiani, commercianti e piccoli imprenditori. La pandemia sta anche facendo aumentare il tasso di povertà. Ci dobbiamo aspettare un incremento della diseguaglianza. E questo potrebbe avere conseguenze sociali e politiche difficili da gestire. Si noti che un effetto negativo sull’eguaglianza nel lungo termine viene anche dalla chiusura delle scuole: danneggia soprattutto i bambini delle famiglie meno abbienti, che hanno minori possibilità d’integrare il percorso d’istruzione».

Sara Elide

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