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La possibilità che il deposito di scorie nucleari venga fatto in Piemonte preoccupa politica e cittadini

Approfondimento: come sarà il deposito nazionale delle scorie nucleari

SCORIE NUCLEARI L’ambiente reca in sé ferite preoccupanti, provocate dall’azione umana e che rischiano di compromettere il futuro di intere generazioni. Si parla sovente di temperature in rialzo, cambiamento climatico e inquinamento, mentre i rifiuti radioattivi rimangono fuori dai riflettori pur rappresentando un’oggettiva urgenza. A inizio gennaio la questione è tornata alla ribalta: la ditta Sogin con il benestare del Ministero dello sviluppo economico e dell’ambiente ha pubblicato una lista contenente 67 aree sul territorio italiano idonee a ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari. Dei siti identificati, ben 6 sono in provincia di Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure, Castelnuovo Bormida-Sezzadio) e due in provincia di Torino (una a Caluso-Mazzè-Rondissone una a Carmagnola, quindi a distanza relativamente breve dall’albese). La decisione del governo ha scatenato immediate polemiche, tra cui quella del governatore della Regione Piemonte Alberto Cirio, che ha dichiarato: «Trovo assurdo che una scelta di questa portata sia stata assunta senza un minimo confronto con Regione e sindaci. È inaccettabile che da Roma piovano sulla testa dei cittadini decisioni così delicate che riguardano le nostre vite».

Le parole del presidente affondano le radici in una situazione complessa di cui Gazzetta aveva già parlato un anno fa, quando era uscito il nuovo inventario dei rifiuti radioattivi presenti in Italia curato da Isin – l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. Dal rapporto emergeva come in totale nel Paese fossero presenti 30.905 metri cubi di rifiuti radioattivi, mentre in Piemonte comparissero 5.506 metri cubi. Ovvero un sesto del totale. Eppure, se guardiamo il contenuto di radioattività, la Regione accumula dentro i suoi confini il 75% dell’attività complessiva. Il presidente di Legambiente Piemonte e Valle D’Aosta, Giorgio Prino, aveva dichiarato: «Riteniamo assurdo continuare a mantenere una simile quantità di materiali radioattivi in aree del tutto inidonee per la vicinanza ai fiumi, alle falde, alle zone abitate e a quelle agricole di qualità. Il rischio che si corre in caso di eventi estremi è troppo elevato, e gli eventi estremi, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, sono sempre più probabili, intensi e ravvicinati».

Ecco perché la possibilità che il deposito nazionale nucleare possa essere collocato in Piemonte preoccupa vari livelli della politica e della cittadinanza. Ma anche in caso di collocazione alternativa della struttura, il problema riguarderebbe i residenti di altre regioni e dunque verrebbe soltanto “spostato” a livello geografico, senza essere risolto. Nei prossimi numeri del giornale approfondiremo il tema, tentando di comprendere la possibile evoluzione degli scenari e soprattutto di ipotizzare i rischi ambientali e sanitari correlati alle scorie radioattive.

Maria Delfino

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