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Unione europea: dalle rivelazioni del 2020 alle rivoluzioni del 2021

Italia, sorvegliata speciale nell’Unione europea? 2

BRUXELLES L’anno appena terminato è stato ricco di incertezze, sofferenze, paure e di lezioni. Sarebbe davvero uno spreco imperdonabile non cogliere le rivelazioni di quelle lezioni. È vero per la vita fisica e per quella sociale, ma anche per quella politica come per il futuro della scienza e delle tecnologie, al centro dell’attenzione nel mondo, in Europa e in Italia.

È vero per il mondo che, ancora una volta, dovrebbe essersi reso conto che è un solo villaggio globale, qualunque siano i colori della pelle e le culture di popoli diversi, presenti nell’involucro fragile della vita di ognuno e in quello di società ricche o meno ricche, esposte alla potenza della natura, con le sue irruzioni a tratti drammatiche come nel caso della pandemia e di sconvolgimenti atmosferici o tellurici. Sarebbe stupido in un mondo del genere considerarsi un’isola felice: quella  che “viene prima”, specie se non si sa per andare dove, come sta forse imparando chi proclamava  America first o che Brexit is Brexit.

Molte e importanti lezioni ha ricevuto anche l’Unione europea, ricca ma non immune dalla sofferenza, carica di storia ma con il futuro a rischio, con popolazioni invecchiate e ancora troppo poco solidali e Stati che, come tutti i participi passati, c’erano e non ci sono più, come invece  pretenderebbero ancora di essere.

Dovrebbe aver imparato molto dalla lezione del Covid-19 anche la nostra Italia, trovatasi subito in prima linea, orgogliosa nella prima battaglia ma incerta e disordinata nella risposta, man mano che la pandemia si estendeva: messa a dura prova la politica con i suoi fragili poteri, spesso in conflitto tra centro e periferia, e con la sua classe dirigente in litigioso conflitto e con segmenti di cittadinanza responsabile e altri, forse via via più numerosi, guidati da una insostenibile e allegra leggerezza.

Tutte lezioni che sono state altrettante rivelazioni e che potrebbero nel tempo innescare feconde rivoluzioni, profonde senza essere violente, radicali come si addice alle profonde radici plurali dell’umanità tutta intera.

Per l’Unione europea può essere una grande occasione, da non sprecare come avvenuto in passato e, ancora recentemente, nella crisi economica e finanziaria del decennio scorso. Una modesta rivoluzione era già stata innescata dalle rivelazioni degli anni scorsi, una per tutte quella proveniente dal dramma della Grecia, asfissiata da ottuse politiche di austerità, all’origine di ripensamenti con la nuova legislatura europea nel 2019. Molto più feconda la rivelazione della crisi globale da Covid-19, pagata cara da un’Unione, rivelatasi tuttavia capace di rispondere avviando una rivoluzione, quella del luglio scorso, non solo e non tanto per le ingenti risorse attivate per rispondere alla crisi, quanto piuttosto per aver fatto ricorso alla creazione di un debito comune che, se confermato nel tempo, potrà trasformare questa nostra ancora Confederazione di Stati nazionali in una vera Federazione di popoli europei, avviata verso un’Unione politica attesa da tempo.

Dentro questa “rivoluzione” europea vi sono i germi anche per una rivoluzione italiana, l’occasione di trasformare questo Paese invecchiato – come direbbe Guccini – senza aver conosciuto la maturità. Che vuol dire il coraggio di riforme rimandate da sempre, dalla giustizia alla pubblica amministrazione, dalla sanità alla ricerca e alla scuola, dalle risorse pubbliche assorbite dalla spesa corrente agli investimenti per consegnare alle giovani generazioni prospettive di sviluppo e non solo fatture e debiti da saldare.

Se queste rivelazioni del 2020 saranno raccolte e, in Italia e in Europa, queste trasformazioni si realizzeranno, allora sarà anche un contributo prezioso per alimentare, nell’anno che inizia, una rivoluzione nel mondo, il nostro villaggio.

Franco Chittolina

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