Ambaradan, parola piemontese che nasce in Etiopia

Bozza automatica 305

Ambaradan, insieme disordinato di elementi, guazzabuglio, gran confusione, andirivieni

Pensavo fosse una parola piemontese, invece è anche italiana ed… etiope. Mesi fa, mi trovavo a Roma in attesa di un bus e leggevo inomi delle fermate sulla palina. Diversi luoghi noti, altri affatto; tra questi Amba Aradam. Inizialmente non ci faccio caso, poi penso: ho appena letto una parola familiare, piemontese!

Comincia la ricerca dell’origine; so bene voler significare una gran confusione, l’assonante e quasi anagramma di baraonda. E invece nasce da un massacro consumato 85 anni fa: febbraio 1936.

L’esercito italiano, in pieno espansionismo coloniale, è in guerra contro quello d’Etiopia. Mussolini pensa che l’Italia possa far valere la sua presunta superiorità in poco tempo. Ma quello etiope è un impero millenario e il suo esercito riesce a dar filo da torcere agli invasori. Così, le truppe di Badoglio fanno ricorso alle armi chimiche: il gas iprite rilasciato a bassa quota dall’aviazione, che provoca sofferenze disumane. Quando l’esercito italiano prova a piegare la resistenza locale una volta per tutte nei pressi del massiccio montuoso dell’Amba Aradam, si rivolge anche alle tribù mercenarie, che passano da una fazione all’altra a seconda della cifra offerta. Non si riesce a capire contro chi si stia combattendo. Insomma, è tutto un ambaradan.

Le sofferenze continuano fino al 1941, quando gli inglesi prendono il controllo della colonia italiana. Sono cinque anni di violenza indiscriminata. L’Italia riconoscerà le proprie colpe solo nel 1996, ammettendo l’utilizzo di armi chimiche in Etiopia, grazie alla desecretazione degli archivi voluta dal ministro della difesa, il piemontese Domenico Corcione.

L’espressione ambaradan nasce proprio alla fine di questa guerra, per descrivere situazioni di confusione proprio come ad Amba Aradam.

Non è stata una colonizzazione, ma un’invasione crudele, sprezzante di tutti i trattati internazionali. L’Etiopia non ha mai capito il perché. Nel corso degli anni sono nate anche pizzerie, case editrici, negozi o antiquari con questo nome che, nonostante oggi abbia rimandi festaioli, è originato da un’aggressione dove i vinti erano innocenti. E gli italiani… “brava gente”.

Paolo Tibaldi

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