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Ceresole: Comune e ambientalisti critici sul nuovo impianto dell’Inproma

Ceresole: Comune e ambientalisti critici sul nuovo impianto Inproma

CERESOLE Nel settembre scorso l’Inproma ha richiesto alla Provincia l’autorizzazione alla realizzazione di un inceneritore alimentato a farine animali e all’aumento dei materiali trattati  e il 4 marzo la Provincia dovrà valutare la richiesta. Comune e associazioni ambientaliste hanno presentato una serie di osservazioni scritte, che verranno valutate dalla conferenza dei servizi indetta dalla Provincia, esprimendo perplessità e richieste di integrazioni alla documentazione inviata dall’azienda. Vediamo quali sono.

Inproma smaltisce carcasse animali ad alto rischio sanitario (categoria 1), provenienti principalmente dal Piemonte e dalle zone limitrofe. Stiamo parlando, attualmente, dello smaltimento annuale di circa 35-37mila tonnellate di carcasse, ma la ditta è autorizzata a trattarne 60mila. E qui nasce la prima perplessità. Inproma chiede di incrementare il carico autorizzato e di passare dalle attuali 60mila a 80mila tonnellate, un aumento che non sarebbe giustificato dalle esigenze di mercato. «In tempi di mucca pazza, quando ha intensificato il lavoro di smaltimento, la ditta è arrivata a trattare al massimo 43mila tonnellate», spiega Margherita Demichelis, consigliere comunale di minoranza, che da molto tempo segue l’argomento. «Non si capisce il senso di questa richiesta e nemmeno la ditta ha fornito, per adesso, precisazioni in merito».

La catena di smaltimento di Inproma produce circa 8-9mila tonnellate di farine animali avviate a incenerimento e circa 3.600 tonnellate di grasso, usato come combustibile all’interno dello stabilimento.
La seconda perplessità riguarda il fatto che l’ampliamento prevede l’incenerimento di 36mila tonnellate di farine. In base alla documentazione presentata dalla ditta, con le 80mila tonnellate oggetto dell’autorizzazione si produrrebbero 20mila tonnellate di farine. Le altre 16mila arriverebbero quindi dall’esterno. Intanto, in un documento sottoscritto da diverse associazioni ambientaliste (tra cui Legambiente, Italia nostra, Canale ecologia, Salviamo il paesaggio, Comuneroero, Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero, Pro natura, Asfodelo) e inviato alla Provincia, si precisa che la nuova autorizzazione richiesta determinerebbe una movimentazione di materiali superiore del 50 per cento rispetto a quella conseguente al massimo utilizzo dell’autorizzazione attuale, «Con un aumento parallelo del 50% dell’inquinamento dovuto ai trasporti nel territorio di Ceresole», riporta il documento.

Non è la prima volta che l’azienda richiede di aumentare i quantitativi di materiale da trattare Rimanendo sulla proposta attuale, c’è ancora una criticità riportata dalle associazioni ambientaliste: il sito in questione è contiguo a due aree protette (Peschiere e laghi di Pralormo e Boschi e rocche del Roero) e vede la vicinanza del rio Venesime, già al centro di un episodio, poi risanato, nel 2007, di presenza di azoto ammoniacale in quantità superiore ai limiti di legge. «I dati forniti dai progettisti indicano che gli ossidi di azoto emessi dal nuovo impianto cresceranno del 63% e il monossido di carbonio di oltre il 200%», scrivono le associazioni nel documento.

E il Comune cosa dice? «Abbiamo avviato una valutazione tecnica che presenteremo alla prossima conferenza dei servizi. Diciamo che, rispetto a questa fase, siamo critici nei confronti del progetto», spiega il sindaco Franco Olocco. «Le nostre preoccupazioni sono legate all’impatto ambientale, alle emissioni e alla viabilità. Ceresole è la porta di accesso alle zone Unesco di Langhe e Roero per chi proviene da Torino, per cui dobbiamo valutare tutti gli aspetti». Abbiamo anche provato a contattare l’azienda, che però non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

Già varie modifiche all’impianto per trattare le carcasse

Non è la prima volta che l’Inproma propone modifiche all’impianto di trattamento di carcasse. L’azienda nel 2007 venne autorizzata dalla Provincia al recupero del grasso per la produzione di energia termica utilizzata nelle lavorazioni e nel 2008 fu concesso un nuovo impianto di cogenerazione a grasso animale. Successivamente, nel 2013, si acconsentì alla sostituzione del cuocitore del 2004. «Per quanto è a nostra conoscenza il nuovo impianto di sostituzione del cuocitore, nonostante i rinvii concessi dalla Provincia, non è stato realizzato», spiega il consigliere comunale Margherita Demichelis. Successivamente l’Inproma chiede che il grasso non sia più considerato un rifiuto, ma un combustibile a tutti gli effetti, ma il Comitato costituitosi a Ceresole ottiene dal Ministero dell’ambiente l’annullamento dell’autorizzazione regionale. L’iter viene quindi sospeso in attesa che sia recepita una direttiva europea che consenta il passaggio del grasso animale da rifiuto a combustibile, ma deve avere caratteristiche che quello prodotto a Ceresole non possiede. Pertanto l’iter si chiude a gennaio 2017 senza l’autorizzazione.
Nel frattempo sono nate altre problematiche, in particolare per l’uso del Btz (un derivato del petrolio) per raggiungere la temperatura prevista per la combustione del grasso. Con una variante dell’autorizzazione del 2017, all’azienda viene concesso un maggior consumo di Btz nel rispetto dei parametri di legge. Si arriva così al 2019 quando, questa volta con una valutazione di impatto ambientale, viene concessa all’Inproma la possibilità di acquistare grasso da altri operatori, in caso di carenza di quello autoprodotto, ma a determinate condizioni. Ora, la nuova richiesta dell’azienda prevede la sostituzione, nella combustione per la produzione di energia, del grasso (che verrebbe ceduto) con le farine animali.

Smaltimento di sottoprodotti ad alto rischio

I sottoprodotti di origine animale (Soa) sono i materiali, dalle carcasse agli alimenti di origine animale,
che per vari motivi non sono destinati al consumo umano. Quelli appartenenti alla categoria 1 sono ad alto rischio e comprendono gli animali morti con rischio riconosciuto di presenza di residui di sostanze vietate o di contaminanti ambientali. In Piemonte esistono soltanto due impianti autorizzati al trattamento dei Soa ad alto rischio: la Zora, ad Alessandria, e l’Inproma di Ceresole, il maggior operatore attuale nelle regioni del Nord-ovest, attivo fin dal 1979. I sottoprodotti di origine animale destinati all’impianto Inproma subiscono i processi di frantumazione, cottura e pressatura. Da questo tipo di lavorazione, eliminate le eventuali impurità, si ottengono tre prodotti: acqua e vapore (utilizzato in parte come vapore tecnologico), grasso animale (utilizzato come combustibile) e farine animali, destinate ai cementifici. Inproma trasporta le farine prodotte al cementificio Buzzi Unicem di Vernasca, in provincia di Piacenza, e alla Tampieri energie di Faenza (Ravenna), dove vengono poi termodistrutte.

Maurizio Bongioanni

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