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Nocciole, segue il balletto dei prezzi

Nocciole al ribasso: il primo prezzo ufficiale è di 335 euro al quintale

QUOTAZIONI Tante opinioni, un solo soggetto: anche al termine della campagna di vendita la Tonda gentile e le sue sorelle continuano a tenere banco fra gli addetti ai lavori. Il campione degli sgusciatori, nel gioco delle parti, è Pier Giorgio Mollea di Nocciole Marchisio a Cortemilia. «Le vendite sono rimaste deboli: l’esportazione è limitata, il consumo interno non così spinto. Molto dipenderà dallo sblocco delle attività, anche se l’incertezza continuerà a pesare sul prosieguo delle trattative». Le chiusure hanno bloccato il settore delle gelaterie, dalle quali dipendeva la vendita delle ultime partite.

«Il prezzo è sceso ulteriormente: oggi compriamo a sei euro il punto resa; significa in media, per gli agricoltori, 260-270 euro il quintale. Quotazioni remunerative per chi, nell’Astigiano e Alessandrino, ha raddoppiato le quantità. Lo stesso non si può dire per le rese dell’alta Langa».

Da questi presupposti il rischio di una rimanenza, quando prenderà avvio la campagna di raccolta del 2021, è concreto: «I nostri dati parlano di 230mila quintali di prodotto comprato e rivenduto: secondo noi rimangono in campagna circa 50mila quintali di nocciole, cioè fra il 15 e il 20 per cento del raccolto».
Una situazione che potrebbe risolversi solo a settembre, ma dipenderà dalle prospettive della nuova annata: «Se non ci saranno stime abbondanti, con prezzi così competitivi alcuni clienti potrebbero decidere di acquistare la merce del 2020 per una copertura a lungo termine». Col rafforzamento della lira turca i prezzi della Piemontese sono scesi: una dinamica che però non si traduce in un riflusso immediato di clientela attratta dalla convenienza.

Secondo Mollea, «chi, a causa della volatilità dei prezzi, ha impostato la produzione con altre denominazioni italiane (Giffoni e Romana, per esempio) potrebbe anche non ritornare a comprare da noi, avendo comunque un marchio Italia spendibile».

L’opinione dei consorzi è diversa: Stefano Bottino è il responsabile commerciale di Ascopiemonte di Santo Stefano Belbo, che raggruppa più di cinquecento conferitori. «Abbiamo ritirato quasi quarantamila quintali di nocciole: ce ne rimangono diecimila. Un quantitativo che può fare la differenza nei ricavi, se si eviteranno dinamiche di svendita».

Gli acquirenti appartengono al mondo dell’industria: «Ferrero e la Viconuts di Viterbo, azienda che sguscia per Novi, hanno assorbito la maggior parte del venduto». Il nodo prezzi è oggetto di osservazioni: «È in corso una speculazione esagerata: noi abbiamo a tutt’ora in essere contratti di vendita a sei euro e 80 il punto resa», spiega Bottino. «Di questi 6,50 vanno ai produttori: tratteniamo quanto ci serve per le spese di gestione».

L’avariato occulto ha inciso per il venti per cento delle partite consegnate; «per le altre parliamo di merce inserita nella prima fascia», secondo il sistema di classificazione dell’industria, il quale prevede una riduzione dei compensi all’aumentare di cimiciato e avariato. A Cissone opera Giulio Traversa, addetto commerciale di Asprocor: «Nei nostri magazzini sono rimasti duecento quintali di nocciole: stiamo valutando di acquistare partite da agricoltori che non sono nostri soci», spiega. Degli oltre 50mila quintali conferiti, trentamila sono andati a Ferrero: «Visto l’andamento al ribasso dei prezzi si è deciso di vendere la maggior parte del prodotto. Gli anni scorsi, a febbraio, avevamo ancora ottomila quintali in deposito».

Le obiezioni del dirigente riguardano anche la qualità della merce: «Le rese medie delle vendite a Ferrero sono oltre i 47 punti, con uno scarto dell’uno per cento. Numeri che rendono ingiustificate le voci sulle nocciole brutte».

Davide Gallesio

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