«Immaginiamo il possibile», il bilancio del vescovo Marco

INTERVISTA Marco Brunetti è nato a Torino il 9 luglio 1962. Originario di Nichelino, è stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1987. Il 21 gennaio 2016 papa Francesco lo ha voluto vescovo di Alba; ha ricevuto la consacrazione episcopale dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, nella cattedrale di Alba il 13 marzo 2016, cioè cinque anni fa.

Qual è il bilancio del periodo, monsignor Brunetti?

«Ricordo bene la cerimonia: fu un bell’inizio. Sono trascorsi cinque anni intensi, ricchi di esperienze e faticosi, per certi aspetti: mi riferisco soprattutto all’ultimo, segnato dalla pandemia e dalle difficoltà socioeconomiche e umane che hanno investito la comunità. Nel complesso, la diocesi di Alba contiene al suo interno molta bellezza, storia ed esperienza. Ho avuto la fortuna di ordinare quattro nuovi sacerdoti e un diacono permanente. È una nota positiva in tempi di difficoltà a intraprendere il percorso vocazionale. Inoltre, sono stati ordinati vescovi due sacerdoti originari della diocesi. Insomma, la Chiesa locale ha espresso ricchezza e capacità di rinnovarsi. Credo in una comunità plurale, capace di esprimere carismi, doni, creatività. Sono stati inoltre anni ricchi di una miriade d’incontri, esperienze, scoperte. Sono contento, il bilancio è positivo».

«Immaginiamo il possibile», il bilancio del vescovo Marco

Il problema del ricambio generazionale nelle parrocchie è oggettivo. Qual è la situazione dell’Albese?

«I sacerdoti attivi sono 75, le parrocchie 126: fino a trent’anni fa ognuna aveva un parroco. Questi dati parlano da soli. Grazie al processo di riscrittura della geografia pastorale della diocesi, a breve potremo contare su 28 unità pastorali, ognuna delle quali disporrà di un parroco. In ogni caso, in questi anni abbiamo tentato di mettere le basi per sviluppare un laicato responsabile, per costruire una Chiesa capace di tener conto di tutte le espressioni e meno “clerocentrica”: spero che i laici battezzati sapranno prendere coscienza di questa responsabilità e aiutare la trasformazione».

Quali sono i principali progetti nati in questi 5 anni?

«Sul piano civile e istituzionale abbiamo stretto buone collaborazioni e reti solide di cooperazione. Pensiamo all’emporio Madre Teresa di Calcutta, che aggrega realtà eterogenee. Un altro progetto cruciale è a Rivalta di La Morra: si tratta della casa per accogliere persone che assistono i malati a Verduno: l’opera è finanziata grazie all’8 per mille e alla fondazione Crc. Vuole essere segno di attenzione verso la comunità e il nuovo ospedale, struttura importante, a cui abbiamo voluto manifestare la nostra vicinanza. Abbiamo, poi, la fondazione Santi Lorenzo e Teobaldo, che ha il compito di radunare, sostenere e gestire le realtà socioassistenziali in capo alla diocesi, in particolare la clinica di Rodello e le Rsa».

Come ha reagito la Chiesa locale alla pandemia?

«Nell’ultimo anno abbiamo assistito a un radicale cambio di passo dettato dalla pandemia su ogni livello sociale, economico, umano. Abbiamo tentato di proteggere l’essenziale: il servizio svolto dalla Caritas non è mai venuto meno, neanche nei momenti più difficili. Abbiamo puntato sulla formazione dei laici, a distanza o lavorando in piccoli gruppi. Da parte di famiglie e catechisti c’è stata una buona risposta; abbiamo tentato di mantenere le relazioni, pure in forme inedite. Per usare un’espressione di papa Francesco, quest’ultimo anno ci ha costretti a “immaginare il possibile” ovvero a inventare alternative rispetto ai vecchi schemi. Per quanto riguarda l’immediato futuro, spero che in autunno sia possibile effettuare la visita pastorale alle parrocchie. Siamo in attesa anche di capire se le attività estive potranno partire. Ma, a prescindere dalla contingenza, le pratiche essenziali come la preghiera, la formazione e la carità, ci sono e rimarranno sempre».

«Dobbiamo aiutarci a superare la crisi, ma possiamo reggere l’onda»

Il nostro dialogo con il vescovo di Alba prosegue. Ci racconta ancora monsignor Brunetti: «Ho incontrato molta gente in questi anni. Ricordo un ragazzo delle scuole medie a Sampeyre, che mi ha chiesto: “Che cosa fa un vescovo?”. Proprio quella domanda mi ha aiutato a fare chiarezza. Ho risposto: “Oltre a pregare, che rimane la cosa più importante, un vescovo ascolta e visita. Ascolta, perché ogni giorno si rivolgono a me tantissime persone. Accolgo tutti, dal prefetto fino alla persona più semplice del mondo. Poi, mi reco in visita a realtà eterogenee come l’ospedale, il carcere, gruppi, associazioni, case di riposo, scuole”».

«Immaginiamo il possibile», il bilancio del vescovo Marco 1
Il vescovo di Alba Marco Brunetti con i sindaci, nel 2016

Monsignor Brunetti prosegue il racconto di un lustro in città: «Ad Alba esistono disuguaglianze sociali e difficoltà economiche. Le famiglie in difficoltà aumentano, soprattutto in questo periodo di chiusure forzate e distanziamento. Sono convinto che la città abbia la possibilità e la capacità di affrontare il problema, ma bisogna volerlo. Dobbiamo mettere in campo risorse –che non mancano affatto – e competenze imprenditoriali. Abbiamo sofferto la crisi anche qui, ma tutti insieme possiamo reggere l’onda d’urto».

Per il vescovo Marco, «dobbiamo creare una vera osmosi, aiutarci a vicenda. Anche il tema ecologico è importante e si collega a quello sociale. Bisogna tutelare l’ambiente, mutare gli stili di vita e creare consapevolezza in ogni strato sociale».

Maria Delfino

Banner Gazzetta d'Alba