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Le origini della Terra svelate da un albese: Andrea Agangi studia le rocce primordiali

LA STORIA Scoprire in rocce vecchie miliardi di anni, tracce di forme primigenie di vita che potrebbero far luce, non solo sulla storia remotissima del nostro pianeta, ma anche su quella di Marte: per il geologo albese Andrea Agangi è lavoro, affrontato con una dedizione lontana dalla volontà di apparire. Nato nel 1978, ha affrontato gli studi liceali in città, al Cocito, prima di intraprendere l’Università a Torino. «Volevo studiare scienze, la passione per la geologia me l’hanno trasmessa i docenti», spiega; conseguito il titolo, nei primi anni Duemila, il giovane viene accettato per un dottorato all’altro capo del mondo.

Le origini della Terra svelate da un albese: Andrea Agangi studia le rocce primordiali

«Dopo una ricerca su Internet avevo inviato una richiesta all’ateneo di Hobart in Tasmania: sono stato accettato». Completato il percorso approda a Johannesburg in Sudafrica in qualità di ricercatore, dal 2019 si trova ad Akita, in Giappone, dove è stato assunto come docente universitario. «Negli ultimi due anni ho insegnato depositi minerari». È proprio in questa veste che, assieme alla sua squadra di ricerca ha svelato i segreti della Wonderstone, roccia nerastra diffusa nelle cave di Witwatersrand, località a duecento chilometri dalla metropoli di Johannesburg.

«Il colore suggeriva la presenza di materia carbonacea al suo interno: si tratta di residui di microbi vissuti tre miliardi di anni fa nelle acque acide del lago vulcanico che occupava l’area. I locali la usano per farne isolanti e statue perché morbida», spiega Agangi. I microbi individuati erano capaci di vivere nello specchio d’acqua acidificato dalla presenza di rocce prodotte dalla lava dei vulcani nel «periodo in cui l’intero Sudafrica era emerso da poco dall’oceano, assieme agli altri continenti», un’era geologica nota coma Mesoarcheano, del quale si conosce poco. «Sappiamo di forme di vita analoghe, vissute come queste nello stesso periodo di transizione verso la terra ferma, documentate in altri contesti».

Un elemento che ha ottenuto al docente albese il favore della comunità scientifica: la prestigiosa Earth and planetary science letters ha pubblicato gli esiti dello studio poche settimane fa e il giornalista del quotidiano californiano Monterey county herald lo ha intervistato.

Le rocce studiate da Agangi sono quel che rimane della crosta terrestre di 3 miliardi di anni fa: «Un ritrovamento piuttosto raro per l’antichità. Le altre concrezioni sono state erose dagli agenti atmosferici o si trovano sotto terra: nel caso di Witwatersrand la collocazione su un altipiano ha favorito l’emersione». Ma le sorprese non finiscono qui: i dati raccolti su Marte dalle sonde spaziali hanno evidenziato la presenza di laghi vulcanici dello stesso periodo tanto che «si stanno cercando degli analoghi sulla Terra da poter studiare». Il Kaapvaal Craton, il nome della placca primordiale analizzata da Agangi a Witwatersrand potrebbe essere fra i candidati per la comparazione ma, avverte il geologo, «le condizioni sui due pianeti sono cambiate, un aspetto da tenere in considerazione».

Davide Gallesio

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