Troppe vittime sole tra le mura domestiche

Troppe vittime sole tra le mura domestiche

Alba-Bra: nasce il centro contro tutte le violenze

ALBA Parliamo con il criminologo Marco Bertoluzzo, direttore del consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero.

Quale impatto ha avuto la pandemia da Covid-19 sul fenomeno della violenza di genere, Bertoluzzo?

«L’Unione europea ha coniato l’espressione “pandemia ombra”, per indicare gli effetti che l’emergenza sanitaria e i lockdown hanno avuto su un fenomeno drammatico come la violenza di genere. La causa dell’aumento dei casi va ricercata prima di tutto nell’isolamento con il quale abbiamo convissuto, con una differenza fondamentale: se per le coppie serene la vicinanza è spesso servita da collante per rafforzare il rapporto, la tensione accumulata nell’ultimo anno ha avuto invece effetti dirompenti nelle coppie in cui il clima era deteriorato. È così che uomini già aggressivi sono diventati ancora più violenti, ma è anche vero che sono certamente emerse molte situazioni nuove. Dall’altro lato, nonostante l’aumento del bisogno di aiuto, il confinamento in casa ha reso ancora più difficile per le donne esporsi e chiedere soccorso. E molte che lavoravano in contesti precari si sono ritrovate prive di un’occupazione, per via della crisi pandemica, perdendo anche l’indipendenza economica».

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Questo aumento della violenza è stato percepito anche a livello locale, tra i 64 Comuni del consorzio?

«Nei primi mesi del 2021, abbiamo già seguito tre nuove situazioni, una cifra elevata, dal momento che solitamente registravamo solo alcuni casi all’anno. Se guardiamo ai dati del 2019, abbiamo seguito 6 casi sul territorio, di cui 4 ad Alba. Per quanto riguarda le donne vittime di violenza, la metà era di origine straniera. Nel 2020, sicuramente per effetto della pandemia, le situazioni seguite sono salite a 15, di cui 10 in città, con una quota del 70 per cento di donne straniere. Questo non significa che la violenza sia un fenomeno riconducibile soltanto alle comunità immigrate, dal momento che esiste un sommerso che non viene a galla e che sfugge a tutte le statistiche».

Quali percorsi si intende portare avanti per affrontare il problema in tutta la sua gravità e drammaticità?

«La nascita del centro antiviolenza di Alba-Bra consente agli enti gestori dei servizi sociali di scendere in campo con nuove strategie. Per esempio, se esistono gli sportelli a cui le donne maltrattate possono rivolgersi, è evidente come questo canale non sia sufficiente. Bisogna identificare gli spazi nei quali le donne possono far emergere le loro storie, in modo informale. Com’è fondamentale la formazione, che deve coinvolgere anche figure professionali che possono avere un ruolo fondamentale, come i medici di famiglia».

Altri aspetti fondamentali sono l’accoglienza e il lavoro: quale direzione si intende intraprendere?

«Un discorso importante riguarda anche l’accoglienza delle donne vittime di violenza: fino a oggi si è utilizzato lo schema dell’allontanamento dal nucleo d’origine e del trasferimento in case rifugio, che estromettono la donna dalla sua realtà, con effetti potenzialmente negativi anche sui figli. Servono nuove soluzioni abitative temporanee, in grado di consentire alla donna di ripartire, senza allontanarla del tutto dal suo contesto, a meno che non sia strettamente necessario. Per esempio, ci è capitato di seguire il caso di una persona di 80 anni, che ha trovato la forza di chiedere aiuto dopo decenni di violenze: nel suo caso, era evidente come la comunità non fosse un luogo adatto, così abbiamo trovato una diversa soluzione individuale. Proprio per sviluppare questo tipo di progetti, abbiamo ricevuto dalla fondazione Crc un contributo da 25mila euro. Molto importante anche il tema del lavoro, per consentire alle donne di conquistare l’indipendenza economica: l’obiettivo è attivare tirocini lavorativi, sensibilizzando le aziende della zona».

Francesca Pinaffo

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