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Il futuro da spumante del Nebbiolo

Il futuro da spumante del Nebbiolo

PROPOSTA Da tempo si sa che il Nebbiolo è un signor vitigno per fare spumanti. Molti tecnici ne hanno scritto e parlato. Ricordo con nostalgia la passione che metteva in questa materia il compianto Armando Cordero: ne parlava come una delle varietà più efficienti per produrre spumanti di gran qualità, alla stregua di quel Pinot nero che è uno dei pilastri dello Champagne.

Ne scrivo perché negli ultimi 10-15 anni c’è stato un ritorno di fiamma a favore del Nebbiolo come vitigno da spumante e così molte aziende sono tornate a produrne nell’ambito di quella che potremmo chiamare la piattaforma ampelografica del Nebbiolo, cioè nel territorio albese che fa capo ai vini Barbaresco, Barolo, Nebbiolo d’Alba e Roero. Molti di questi spumanti, però, hanno un limite: sono prodotti in zone dove il Nebbiolo come spumante non ha un riferimento di denominazione e, perciò, i produttori sono costretti a presentarli e venderli semplicemente come Vsq (vini spumanti di qualità), senza riferimenti di origine.

Il tema è venuto di attualità anche nel consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani, al quale molte di queste aziende fanno riferimento. Dal dibattito è scaturita una prima ipotesi: si tratterebbe di inserire nell’attuale disciplinare della Doc Langhe una o più tipologie di Nebbiolo spumante (una bianca e una rosata per esempio) e la lacuna sarebbe colmata.

In effetti sembra l’uovo di Colombo: la zona di riferimento è sufficientemente ampia da esaudire le aspettative di tanti produttori, esiste già il precedente del Langhe Nebbiolo che sta regalando ampie soddisfazioni alla destra e alla sinistra del Tanaro, il nome Langhe ha dimostrato di essere un riferimento bello ed evocativo, in grado di suscitare consensi in un mercato sempre più globale.
Ma a mio avviso c’è un limite: a forza di aumentare le tipologie in questa denominazione il pericolo è di inflazionare la soluzione Langhe, penalizzando anche quelle che oggi danno significative gratificazioni ai produttori.

Ho provato a immaginare una differente soluzione al problema e ho capito che una strada percorribile potrebbe essere quella di lavorare sulle due tipologie spumante già oggi presenti nella Doc Nebbiolo d’Alba, adattandole alle reali esigenze del territorio e dei produttori dei vari spumanti da Nebbiolo.
In concreto si tratterebbe di allargare la zona di origine delle uve solo per queste tipologie, per esempio alle zone del Barolo e Barbaresco o magari anche oltre, tenendo a mente i territori tra Langa e Roero dove esistono esperienze significative di Nebbiolo spumante.

Questo consentirebbe di lavorare su una denominazione che esiste già e che ha una forte valenza tradizionale visto che è stata riconosciuta anche come spumante addirittura nel 1970. Inoltre, questa denominazione ne verrebbe potenziata e rivalorizzata, considerato che recentemente ha subito la forte concorrenza, nella tipologia del vino tranquillo, del Langhe Nebbiolo.

E questo permetterebbe di evitare polverizzazioni e sovrapposizioni, che sarebbero originate da un potenziamento della Doc Langhe, perché il Nebbiolo d’Alba spumante continuerebbe comunque il suo cammino. I dettagli operativi dell’operazione non sono di mia competenza, ma spettano ai produttori e ai loro organismi istituzionali. Il mio intento è solo di avanzare un’idea affinché il settore la possa valutare con attenzione.

Tecnicamente la soluzione è praticabile. Concretamente chissà. Preferisco pensare che non ci si fermi sempre alle soluzioni più scontate.

Giancarlo Montaldo

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