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L’incontro che cambia Tommaso e gli undici

PENSIERO PER DOMENICA – SECONDA DI PASQUA – 11 APRILE

La denominazione di queste domeniche (2a, 3a, 4a di Pasqua) può suonare strana, ma esprime un dato che emerge dal Nuovo Testamento. La Pasqua, l’incontro con Gesù risorto, avviene in tempi diversi. «Quando le donne e Pietro erano già stati toccati dallo splendore di questa nuova vita per gli altri regnava ancora l’oscurità di Dio. Quando per Maria era già Pasqua i due discepoli non erano ancora arrivati a Emmaus; Tommaso era ancora chiuso nella caverna del suo dubbio; Damasco era ancora infinitamente lontana per Saulo» (Metz, Mistica degli occhi aperti, p. 150). La misericordia di Dio è per tutti, ma Dio ha i suoi tempi.

L’incontro che cambia Tommaso e gli undici
Gesù appare agli undici dopo la sua risurrezione. Parigi, cattedrale di Notre Dame.

La testimonianza è essenziale ma non basta. La vicenda di Tommaso raccontata nel Vangelo secondo Giovanni (20,1-9) ci fa riflettere sul ruolo della comunità. Questa è stata essenziale nel suo percorso di fede: quando faceva fatica a credere non è stato emarginato o colpevolizzato; l’amicizia non è venuta meno. L’accompagnamento e la vicinanza umana però non bastano: il salto nella fede nasce dall’incontro con Cristo. Tommaso non è stato convinto dagli altri apostoli; è stato l’incontro col Risorto a farlo cambiare. La sua vicenda ci aiuta nell’azione missionaria, ma ci rende consapevoli anche dei suoi limiti, dunque sereni: non saremo noi a toccare il cuore delle persone, nemmeno degli amici più cari o dei figli!

La profezia di relazioni umane nuove. Gli Atti degli apostoli (4,32-35) ci offrono uno spaccato della prima comunità. Presentare un’immagine abbellita del passato è vecchio come il mondo. Chi legge e ascolta sa che anche il passato non era tutto rose e fiori. L’autore degli Atti prospetta un modello ideale; infatti, poco più avanti, racconterà le molte difficoltà che la comunità primitiva ha dovuto attraversare. La comunione dei beni non è un programma economico, ma un gesto profetico: Dio vuole che “nessuno sia bisognoso”. Sta a noi trovare la strada per far sì che questo sogno diventi realtà.

La centralità del “noi”. È chiaro che non c’è vita cristiana se non comunitaria. Vivere la fraternità è l’essenza della nuova fede, la strada maestra per venire fuori dalle difficoltà: a esempio in tempi di pandemia l’uso della mascherina protettiva o il farsi vaccinare sono gesti non solo di difesa individuale, ma di rispetto per gli altri, un modo concreto di vivere la fraternità. L’egoismo è distruttivo; solo il noi ci fa camminare in avanti.

Lidia e Battista Galvagno

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