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Una comunità chiusa ai lupi e aperta al bene

PENSIERO PER DOMENICA – QUARTA DI PASQUA – 25 APRILE

Al centro della quarta domenica di Pasqua ci sono due immagini molto lontane dalla nostra esperienza e sensibilità: la pietra angolare (At 4,8-12) e il buon pastore (Gv 10,11-18). La pietra angolare era la prima pietra di un edificio: intagliata ad angolo di 90 gradi serviva per reggere e tenere uniti i due muri che si congiungevano in uno spigolo. Noi l’abbiamo sostituita con il cemento “armato”, così come al buon pastore preferiamo il “leader forte” e autorevole. Le due immagini suggeriscono che Gesù non si impone con la forza, ma ha in sé l’energia e l’autorevolezza per reggere la comunità. Cosa significhi essere pietra angolare e buon pastore ce lo spiegano le letture.

Una comunità chiusa ai lupi e aperta al bene
Il buon pastore, particolare di mosaico risalente al quarto secolo (Aquileia, basilica del Vescovo).

Gesù, pastore “buono”, è vissuto per gli altri. Il suo stile di vita è stato l’opposto di quello del mercenario, preoccupato esclusivamente di sé stesso, per cui il gregge è solo un possesso da sfruttare a proprio vantaggio. Negli anni della sua vita terrena, al centro delle preoccupazioni di Gesù c’erano gli altri, a cominciare dai più sfavoriti. La passione-morte che abbiamo celebrato nella Settimana santa è stata il vertice di questa donazione agli altri che ha caratterizzato tutta la sua vita. Quando una famiglia – ma anche una comunità, civile e religiosa – resiste all’usura del tempo e all’assalto dei “lupi rapaci” è perché si regge su una pietra angolare e perché qualcuno vive per gli altri e fa della sua vita un dono.

Gesù conosce, cioè ama il suo popolo. Il verbo “conoscere”, che ritorna quattro volte in questa pagina di Vangelo, è molto di più di una conoscenza teorica: indica quel legame profondo tra le persone che culmina nell’amore. L’amore, inteso non solo come sentimento, ma come servizio e donazione agli altri, è il vero “cemento” che tiene insieme famiglie e comunità.

L’amore di Gesù è aperto, non possessivo: si estende anche alle «altre pecore che non appartengono a questo recinto». La comunità che Gesù ha in mente deve essere chiusa ai lupi, ma aperta a tutto il bene che c’è nel mondo. La sua salvezza è proposta a tutta l’umanità. La domenica del “buon pastore” ci invita ad allargare lo sguardo a quanti sono in cerca di una guida affidabile e a quanti continuano l’opera di Gesù nel mondo, con una vita di donazione agli altri. Chiediamo a Dio che non ci faccia mancare pastori “buoni”: certo preti, suore e missionari, ma anche mamme e papà di famiglia, medici, insegnanti, volontari, tecnici, funzionari. L’elenco potrebbe essere lunghissimo: la recente tragica morte di Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Congo, ci ha ricordato che si può essere il “buon pastore” in qualsiasi professione o stato di vita.

Lidia e Battista Galvagno

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