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Bealera maestra, acqua fin dal 1471

IRRIGAZIONE Portare l’agricoltura cuneese nel futuro: è l’obiettivo del consorzio irriguo Bealera maestra. L’ente, oggi un consorzio di secondo grado con competenza su dodicimila ettari da Castelletto Stura a Cherasco, nacque attorno al 1471 per portare l’acqua prelevata nei pressi di Cuneo (in località Tetto Lupo) fino a Bene Vagienna. Ora a dirigerlo è Claudio Ambrogio, sindaco del paese.
Nel 2018 il consorzio ha ottenuto venti milioni di euro dallo Stato per il primo lotto dei lavori: «Le acque dal canale di superficie verranno immesse in pressione in un tubo sotterraneo capace di trasportare sei metri cubi al secondo. I lavori interesseranno, per questa prima tranche, il tratto da Castelletto Stura fino al cimitero di Montanera, nei pressi del quale costruiremo, con altri fondi, la prima delle tre centraline idroelettriche progettate».

Bealera maestra, acqua fin dal 1471
Un tratto del rio Corva, ramificazione terminale delle infrastrutture del consorzio Bealera maestra.

A questo primo lotto ne seguiranno altri sei con una spesa superiore ai 150 milioni di euro: una volta ultimata, la rete porterà acqua in pressione direttamente nei campi mutando radicalmente il modo di irrigarli: «Dal sistema a scorrimento, con sprechi enormi senza prove scientifiche di benefici per le falde, si passerà a campari che dirigono le acque con uno smartphone da impianti a goccia montati su pivot». I progettisti stimano di ridurre del 70 per cento i consumi: le risorse idriche, fatte passare in un tubo del diametro di due metri, grazie al dislivello, alimenteranno impianti idroelettrici «che faranno del comprensorio una delle “batterie” che tengono in equilibrio il sistema energetico nazionale».

Per completare i lavori serviranno quindici anni di cantieri, forse più. Rimane attuale il nodo approvvigionamento, legato ai fiumi Gesso e Stura. Sull’alveo di quest’ultimo si trova uno sbarramento di ghiaia per incanalare l’acqua nel collettore: «Ogni anno spendiamo 80mila euro per ricostruirlo: la piena di ottobre ci ha causato più danni del solito», prosegue Ambrogio. I problemi si hanno d’estate: «I due fiumi hanno un regime torrentizio con periodi di secca che non garantiscono nemmeno il minimo deflusso necessario alla sopravvivenza dei pesci». In soccorso, da qualche anno, arrivano i flussi di Entracque, «dalle dighe Einaudi e del Chiotas che per 45 giorni scaricano in Gesso e da qui arrivano ai nostri sbarramenti». Milioni di metri cubi d’acqua che fanno la differenza, fra luglio e agosto, fra la vita e la morte per una porzione vastissima di pianura, dalle porte di Cuneo al Braidese.

Per alimentarlo «ben vengano gli invasi, anche perché potrebbero limitare, se venissero realizzati in un certo modo, gli effetti devastanti di alcuni eventi alluvionali», conclude Ambrogio.

d.g.

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