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Gas radon, il rischio per la salute non si vede ma esiste

Il radon può accumularsi nei locali ai piani bassi o in quelli interrati degli edifici: secondo l’Oms, un'esposizione prolungata, è origine, dal 3 al 14 per cento dei casi, di tumore ai polmoni

Gas radon, il rischio non si vede ma esiste
La cartina, elaborata dal sito dell'Arpa Piemonte, mostra le concentrazioni di radon nelle Langhe e nel Roero. In giallo e azzurro ci sono i Comuni con valori più elevati, superiori a 80 e 100 Bequerel per metro cubo.

SANITÀ Il nemico invisibile della salute si chiama radon (simbolo Rn). Si tratta di un gas nobile, ossia con numero d’ossidazione zero e la conseguente impossibilità di formare legami chimici. Appartengono a questo gruppo altri elementi utilizzati comunemente per vari scopi: l’elio, il neon, lo xeno. Cosa differenzia il radon è la sua radioattività: studi epidemiologici dimostrano che un’esposizione prolungata a questo gas è la seconda causa scatenante il tumore ai polmoni dopo il fumo di sigaretta. Nella pratica, le particelle derivanti dal nucleo instabile (caratteristica, questa, comune agli elementi radioattivi) si attaccano al pulviscolo e, se inalate, si depositano sulle pareti delle vie respiratorie, irradiandole con radiazioni ionizzanti e producendo un danno all’apparato respiratorio che può evolversi in tumore.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il radon nel gruppo di sostanze con la massima evidenza di cancerogenicità

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Le particelle derivanti dal nucleo instabile del radon, se inalate, si depositano sulle pareti delle vie respiratorie irradiandole con radiazioni ionizzanti (fonte: Ministero della sanità).

Nella lista delle sostanze cancerogene, l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il radon nel gruppo 1, ossia con la massima evidenza di cancerogenicità. Per l’insorgere di altre patologie, invece, non vi sono evidenze scientifiche. Questo gas è incolore, inodore e insapore. Proviene principalmente dal suolo: all’aria aperta, si disperde rapidamente. Le caratteristiche geomorfologiche influiscono sulle concentrazioni medie: il fattore principale è la presenza di uranio nel sottosuolo, da cui il radon deriva per decadimento radioattivo, mentre la porosità del terreno è un fattore secondario.

All’aria aperta, il rischio è nullo: i problemi sorgono negli ambienti chiusi e poco aerati, al piano terra o interrati, dove il gas tende ad accumularsi. La concentrazione si misura in Bequerel per metro cubo (Bq/m3), ossia il numero di decadimenti radioattivi di atomi di radon che avvengono in un secondo in un metro cubo d’aria. Fuori, la concentrazione non supera in genere i 10 o 20 Bequerel per metro cubo, ma all’interno si passa da poche decine fino a centinaia o migliaia. Secondo le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa), la concentrazione media negli edifici italiani è di 70 Bequerel per metro cubo, contro una media mondiale di 40. Il rischio aumenta proporzionalmente alla concentrazione e alla durata dell’esposizione.

L’Oms ha stimato che la percentuale di tutti i tumori polmonari legati al radon è tra il 3 e il 14 per cento. Dei 40.882 casi nel 2020 in Italia, quindi, quelli imputabili all’esposizione al radon variano tra 1.226 e 5.723. La maggior parte colpiscono i fumatori: i due fattori associati fanno aumentare le probabilità di ammalarsi. Smettere di fumare è sempre il primo passo per abbassare il rischio, ma in caso di accertate alte concentrazioni di radon nell’abitazione o nel luogo di lavoro sarebbe prudente cercare di ridurne la quantità.

Nelle Langhe e nel Roero, la maggiore concentrazione media è stata rilevata a Dogliani

In Italia, le regioni a più alto rischio sono Lazio, Campania, Lombardia, Friuli Venezia Giulia (valori oltre i 100 Bequerel per metro cubo). Il Piemonte, con 82, è di poco sopra la media nazionale. I Comuni con la più alta concentrazione di radon si trovano nel Biellese: Campiglia Cervo (548), Rosazza (494) e Piedicavallo (208). In Provincia di Cuneo i valori più elevati sono stati riscontrati a Venasca (166), Brossasco (164), Entracque (162) e Pagno (161).

Nelle Langhe e nel Roero, la maggior parte del territorio è in linea con la media nazionale. Osservando la mappa dell’Arpa si nota, in linea di massima, che i Comuni della sinistra Tanaro o toccati dal fiume presentano concentrazioni più elevate rispetto all’altra sponda. Sono stati registrati 77 Bequerel per metro cubo ad Alba, con valori simili, di poco inferiori o superiori, nei paesi limitrofi e nell’alta Langa. Santa Vittoria si attesta sugli 88, Baldissero sui 113, Cherasco sui 137, Bra sui 148. La media più elevata, 151, è stata riscontrata a Dogliani.

Un italiano su dieci è esposto a oltre 400 Bequerel per metro cubo

Il Ministero della salute riporta che alcuni studi epidemiologici effettuati in Italia e in altri undici Paesi europei hanno evidenziato, nel confronto tra persone esposte e non esposte al radon per circa trent’anni, un rischio di sviluppare carcinomi polmonari aumentato quasi del 16 per cento ogni 100 Bequerel per metro cubo di concentrazione. A 200 e 400 l’aumento è del 32 e del 64 per cento. Raggiungendo concentrazioni di 600 Bequerel per metro cubo si arriva quasi al 100 per cento. La maggior parte degli italiani è esposta a meno di cento Bequerel per metro cubo, circa il quattro per cento a 200 e uno su dieci a oltre 400.

Il monitoraggio, in Piemonte, lo fa la sede Arpa di Ivrea

L’articolo 16 del decreto legislativo numero 101 del 27 agosto 2020 stabilisce un livello massimo ammissibile di radon, per abitazioni e luoghi di lavoro, di trecento Bequerel per metro cubo in media all’anno. In Piemonte, chi monitora i livelli è il Centro regionale per le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti che fa parte del dipartimento dell’Arpa di Ivrea. La Regione ha finanziato la mappatura delle aree a rischio. Le valutazioni sulle medie dei Comuni si basano su rilevazioni all’interno di edifici scolastici e luoghi di lavoro interrati. A queste si aggiunge un indice di riferimento basato sulla morfologia del suolo.

Mauro Magnoni, dirigente fisico Arpa Piemonte, spiega: «I dati sulle medie comunali non possono essere presi come assoluti. Da una casa all’altra i valori possono variare enormemente, per cui anche in un Comune considerato a basso rischio non si può stare completamente tranquilli. Il valore medio, se preso da solo, può voler dire tutto e niente». Solo misurando i livelli di radon si può avere un’idea del rischio.

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Il dosimetro per la misurazione del livello di radon nelle abitazioni.

Continua Magnoni: «Una misurazione efficace dev’essere fatta nella zona della casa in cui si passa più tempo, generalmente la camera da letto, dove passiamo molte ore dormendo. Lo strumento si chiama dosimetro: più lo si lascia nel luogo della misurazione, più è attendibile. Il tempo minimo è un mese, ma l’ideale sarebbe almeno un anno. Il rilascio di radon dal suolo non è stabile. Il dosimetro è un dispositivo sensibile alle radiazioni alfa, non consuma e non dà fastidio. Metterne uno in ogni stanza fornirebbe un quadro completo». Arpa Piemonte offre questo servizio al costo di 32,83 euro più Iva per ogni apparecchio.

La prevenzione parte dalla fase di progettazione delle nuove costruzioni

Secondo Mauro Magnoni dell’Arpa, «la legge 101, entrando in vigore, obbligherebbe alla misurazione in tutti i luoghi di lavoro. Ora, invece, l’obbligo è solo per quelli in locali interrati e per le scuole. Non sarebbe nemmeno una grossa spesa; già nel mercato immobiliare è comune vedere indicato il valore di radon tra le caratteristiche tecniche dell’edificio. La Regione, inoltre, dovrebbe ufficializzare la nostra mappa per stabilire il pericolo per ogni Comune. Sono dati scientificamente provati, ma per scelta politica non risultano ancora vincolanti. Soltanto la Toscana, tra le Regioni italiane, ha iniziato ad attuare provvedimenti, basandosi però sulla vecchia normativa. Penso comunque che non occorrerà molto tempo affinché tutte le altre si adeguino».

E qualora, dopo le misurazioni, fossero riscontrati valori di allerta nella propria casa? «Ci sono diverse soluzioni da attuare» spiega il fisico, «considerato che durante l’inverno è più difficile aerare i locali, si potrebbe pressurizzare, ossia pompare l’aria proveniente dal suolo all’esterno dell’edificio. Nei casi peggiori, si può realizzare un pozzetto all’esterno per convogliarvi il radon. Sarebbe una buona pratica, da parte dei Comuni più a rischio, attivarsi per offrire incentivi ai privati. Bisogna dire che non si può stabilire con certezza se un edificio diventerà sicuro al cento per cento, sono molti i fattori che concorrono e la certezza assoluta non può esserci».

«Crepe, infiltrazioni e fessure possono determinare un aumento della concentrazione» spiega Magnoni

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La figura mostra le vie d’accesso e d’uscita del radon dalle abitazioni (fonte: Ministero della sanità).

L’attenzione posta nella costruzione degli edifici è un altro aspetto che può determinarne la salubrità. Continua Magnoni: «Il radon può provenire anche dal materiale da costruzione usato. Crepe, infiltrazioni e fessure possono farne aumentare la concentrazione, poiché il gas si infiltra e trova una via per arrivare nei locali».

Il primo passo è attuare misure preventive in questa fase, prestando attenzione: alla posizione e alla destinazione dei locali (vespaio, garage ventilato al piano più basso, stanze da letto poste ai piani alti); alla scelta di materiali da costruzione impermeabili al radon; alla pianificazione dei passaggi di condotte dal terreno; all’isolamento termico; al sistema d’aerazione; agli impianti di riscaldamento e alle stufe a legna, che devono avere una propria condotta per l’alimentazione con aria esterna; alla porta della cantina, che dovrebbe chiudersi ermeticamente.

In sintesi, è opportuno sia impermeabilizzare l’edificio all’esterno sia favorire la ventilazione all’interno.

Davide Barile

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