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Piemonte caput mundi del cibo

ENOGASTRONOMIA Fare del Piemonte una Food valley (una valle del cibo) e di Torino la capitale dell’enogastronomia mondiale, ritagliando un ruolo di primo piano per Alba, Langhe e Roero: sono gli obiettivi del comitato “Torino: Piemonte world food capital”, presieduto dal nutrizionista Federico Francesco Ferrero, vincitore dell’edizione 2014 della popolare trasmissione Masterchef.

Il primo studio commissionato dall’ente riguarda le ricadute del settore cibo sull’economia regionale: risultati eclatanti, con un fatturato di oltre 8,2 miliardi di euro. I numeri, sono stati elaborati dal ricercatore del dipartimento di culture, politiche e società dell’ateneo di Torino, Claudio Marciano, docente di sociologia all’Università della Valle d’Aosta: il materiale proviene dai rilievi di Istat, Regione, Unioncamere Piemonte, Ires e Intesa Sanpaolo.

Partiamo dall’agricoltura, comparto che conta 50.600 aziende con il 30 per cento di addetti di origine straniera. L’andamento degli ultimi cinque anni ha registrato una riduzione del 30 per cento delle realtà con fatturati inferiori ai trentamila euro e, per contro, un incremento di quelle che superano la soglia dei 150mila.

Piemonte caput mundi del cibo

Produzioni che, in base ai prezzi di vendita, valgono 3,8 miliardi di euro, distribuiti su una superficie agricola utilizzata (Sau in gergo tecnico) di circa 906mila ettari, dei quali 49mila a regime biologico: proporzioni raddoppiate rispetto al 2016. In crescita del 7,9 per cento anche gli operatori del settore, rispetto ai dati del 2018.

Gli oltre milletrecento agriturismi attivi collocano la nostra regione al terzo posto nella classifica nazionale, con 425mila presenze censite nel 2018: sono 250, inoltre, le aziende agricole che effettuano la vendita diretta. Il settore agroalimentare ha, in Piemonte, una forte valenza industriale, con 5,96 miliardi di euro di esportazioni (il riferimento è il 2018) con una crescita del 3,3 per cento, riscontrata nei primi sei mesi del 2020, segnato, per converso, da una riduzione del 17,5 per cento nei volumi di scambio con l’estero per gli altri comparti.

Se si compara l’indicatore con quello delle importazioni, pari nel 2018 a 4,21 miliardi di euro, si può constatare come la bilancia commerciale sia in attivo per 1,75 miliardi di euro.

Marcello Pasquero

Bevande e alimenti reggono la crisi: solo vini e nocciole perdono terreno

Sono 4.390 le imprese dell’agroalimentare in Piemonte: nel 90 per cento dei casi si tratta di micro e piccole realtà, con 39.969 addetti. In questo panorama la parte del leone la fa il Cuneese. Fra Langhe, Roero e Monferrato, il vino ha fatturato, nel 2019, 1,75 miliardi di euro, il 12,5 per cento in più dell’anno precedente. I prodotti dolciari valgono 1,4 miliardi; preminente è il ruolo del colosso albese Ferrero; il riso di Vercelli ha fatturato 243 milioni nel 2019, con un più otto per cento; il distretto di caffè, confetterie e cioccolato totalizza, nel Torinese, 537 milioni; frutta e nocciole si fermano a 353 milioni.
Dagli studi emerge che il sette per cento dell’imprenditoria del cibo si concentra in regione; ampia la platea degli alimenti certificati da disciplinari e denominazioni: venticinque in tutto. Nel primo semestre del 2020, i distretti piemontesi hanno retto la crisi: torrefazioni, confetterie e cioccolato, a Torino, segnano un più 35 per cento, il riso ha incrementato le vendite per 23 milioni di euro; le altre realtà hanno avuto cali molto contenuti: poco meno del 2 per cento per nocciola e frutta, lo stesso per l’industria dolciaria. I vini di Albese e Monferrato hanno perso il 4,7.

m.p.

Con oltre 240mila addetti il settore è nevralgico

Ristorazione e commercio piemontesi annoverano 28mila realtà con più di centomila occupati. Nel complesso degli otto miliardi di euro prodotti dal mondo del cibo, nel 2019, trasformazione e commercializzazione dei prodotti finiti impattano, rispettivamente, per due e tre miliardi.
Includendo l’attività agricola il settore food (cibo) annovera, fra le varie filiere, 240mila lavoratori: poco meno di 40mila solo nel ramo bevande. Sono 64mila gli operatori nei campi; non bisogna dimenticare, infine, il ruolo del commercio al dettaglio che arruola, nelle botteghe, 35mila addetti. Numeri di un settore trainante che danno sostanza al desiderio di ambire a un posto di primo piano nel panorama mondiale.

m.p.

 

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