Quelli che hanno capito che non ci si salva da soli

Quelli che hanno capito che non ci si salva da soli
Gesù placa la tempesta, particolare da miniatura francese del XV secolo. Londra, British Museum.

PENSIERO PER DOMENICA – XII TEMPO ORDINARIO – 20 GIUGNO

La pagina di Vangelo della tempesta sedata (Mc 4,35-40) rimarrà per molto tempo collegata alla pandemia, perché da questo episodio evangelico, il 27 marzo 2020, prese spunto papa Francesco per il suo messaggio al mondo. Merita richiamarne un brano, anche perché non siamo ancora usciti del tutto dall’emergenza.

Quelli che hanno capito che non ci si salva da soli
Gesù placa la tempesta, particolare da miniatura francese del XV secolo. Londra, British Museum.

È facile ritrovarci in questo racconto. «Venuta la sera»: una sera che sembra non finire mai. «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare».

La sensazione di essere stati abbandonati ha fatto riemergere una delle nostre paure più profonde: non contare niente, essere in balia degli eventi: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Perfino i discepoli pensano che Gesù si disinteressi di loro. Nelle tempeste della vita, è normale, che salga alle labbra il grido di aiuto, per il credente, la preghiera. Spesso però la paura e l’angoscia scatenano il dubbio e la rabbia. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è sentirsi dire: «Non t’importa di me?». È una frase che colpisce e ferisce. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, subito salva i suoi discepoli sfiduciati.

L’amore vicendevole è la risorsa più preziosa. Oltre la preghiera di aiuto, c’è nelle letture una seconda indicazione per affrontare le tempeste della vita: trovare forza nell’amore tra di noi. Nella seconda lettera ai Corinzi (5,14) troviamo le parole memorabili di Paolo che sono diventate il motto del Cottolengo: «Caritas Christi urget nos», ‘‘L’amore di Cristo ci spinge’’ (“ci possiede”, secondo la versione più recente). I gesti di servizio e di amore gratuito che ci hanno tenuti a galla in questi lunghi mesi sono una risorsa imprescindibile non solo per le situazioni di emergenza, ma in tutta la vita. Ripassiamo ancora una volta il lungo elenco fatto da papa Francesco: «Medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, Forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri, compresi padri, madri, nonni e nonne, insegnanti… che hanno compreso che nessuno si salva da solo».

Lidia e Battista Galvagno

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