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Abitare il piemontese: scopriamo il significato di Carëtta

Scopriamo l'origine del termine piemontese "Masca", tra storia e leggenda

CARËTTA Carriola, carretta a mano, unità di misura agricola.

Nel linguaggio tradizional-popolare, il piemontese vanta un’ampia quantità di unità di misura: na stissa, na gugia, na frisa, ‘n pluch, n’idea, na leȓma, ‘n vagon, na carëttà. Na carëttà, appunto, la quantità di materiali che può essere contenuta e trasportata con una carriola. L’amico Beppe Leardi, mastro dal multiforme ingegno, telefona e mi dice: «Caro Paolo, ho costruito un oggetto dedicato a mio papà per rendergli grazie di un’infinità di cose. Ho costruito una carëtta da man». Neanche un bambino sarebbe così orgoglioso! Mastro Leardi l’ha firmata con una frase che sigilla il significato si questa sua operazione: Il buon nome di un padre è la migliore eredità per un figlio.

La carëtta è un oggetto rappresentativo per l’attività rurale. È il colmo del lavoratore, giacché la carëtta torna utile alla maggior parte delle funzioni agricole: caricarla del raccolto; trasportare i residui delle potature e disfarsene, la legna per la stufa, il concime, oppure far giocare un bambino. Ricordo io stesso: con un vicino di casa che si è sostituito a mio nonno scomparso prematuramente, quante volte andammo da casa fino alle rive di Tanaro con la carriola! Io dentro e lui spingerla (del resto si chiamava Guido); e giù a ridere! Vinceva chi la diceva più grossa!

Beppe aggiunge: «L’ho fatta in legno di frassino perché, essendo dedicata al mio vecchio, tengo che sia fatta con un materiale che lo rappresenti. E poi ha una particolarità che ricorda soltanto chi ha una certa età: le sponde laterali estraibili, per farci stare eventualmente tutto quel che vuoi. Da quando i Sumeri inventarono la ruota, la carëtta da man è sempre esistita: potrebbe essere lo strumento che più accomuna epoche, luoghi e persone. Viene nominata dall’alta letteratura greca di Aristofane e, nonostante questo, non c’è oggetto più umile e laborioso».

Beppe mi ha raccontato questa storia per telefono, in quarantena, mentre ognuno era costretto presso le mura domestiche; terminata la chiamata mi è venuta in mente la frase di Kierkegaard, che nulla ha a che vedere con le carëtta; scrisse però qualcosa che ben si addice: Colui che lavorare vuole, genererà il suo stesso padre.

Paolo Tibaldi

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