Abitare il piemontese: scopriamo il significato di Gȓigné

Con Paolo Tibaldi scopriamo le origini della parola piemontese "Caponèt"

Gȓigné Ridere di gusto, di cuore.

L’avrete notato anche voi: i soggetti dei ritratti delle vecchie fotografie non sorridono. Alcuni sostengono che fosse per la dentatura rovinata o l’assenza di denti, una teoria interessante ma confutabile. Se tutte le persone dell’epoca avessero avuto i denti cariati, vederli o meno in fotografia non sarebbe stato notato, essendo normale.
Una seconda teoria è tecnica: agli inizi del Novecento s’impiegava fino a una decina di minuti per registrare un’immagine e il soggetto doveva rimanere immobile per tutto il tempo di scatto. Un’espressione neutra era molto più comoda da mantenere per dieci minuti, rispetto a un sorriso. La fotografia all’epoca era molto costosa e non si poteva correre il rischio di rovinare uno scatto per un sorriso mosso.
Un’ultima teoria è che nel diciassettesimo Secolo le uniche persone sorridenti (nella vita di tutti i giorni e nelle opere d’arte) erano i poveri, i maliziosi, gli ubriachi, gli innocenti e i ciarlatani, ragion per cui nessuno voleva apparire così in fotografia. Una fotografia è il documento più importante e non c’è nulla di peggiore che passare alla posterità che con uno sciocco e stupido sorriso fissato sulla faccia per l’eternità.

Forse da queste parti, un tempo, c’era veramente poco da ridere. Per fortuna oggi sappiamo che un giorno senza sorriso è un giorno perso; sappiamo che chi non ride una volta al giorno, non è una persona seria; sappiamo che i bambini, con la loro capacità di cambiare umore da un momento all’altro, in Piemonte sono spesso soprannominati: gioanin dȓa bȓigna, che ‘n pòch o pioȓa e ‘n pòch o gȓigna! Sappiamo soprattutto che nonostante oggigiorno il sorriso sia serenamente sdoganato, va portato rispetto per chi in passato non se lo è potuto permettere.

Il verbo piemontese gȓigné (o ghigné) e il sostantivo corrispondente gȓign, sono prestiti del francese grigner, fare una smorfia modulando il viso al sorriso, lemma a sua volta originato dal germanico grinan, storcere la bocca.
Gȓigné na vòta, significa fare qualcosa con facilità, mentre dejne da feje gȓigné significa pagare qualcuno più del dovuto, così da suscitare in lui abbondante buon umore. Mi ha sempre divertito, forse per l’inconscio paradosso che contiene, l’osservazione di una spettatrice dopo una commedia: O fava talmant gȓignè, che tuti pioȓavo! (Faceva talmente ridere, che tutti piangevano), si spera che piangessero dal ridere. Gȓigné, quando è sincero, è la linfa della vita.

Paolo Tibaldi

 

 

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