Il Piemonte è sempre più bollente

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AMBIENTE  Antartide, inesplorata terra dei ghiacci? Negli ultimi tempi il continente antartico è stato alla ribalta del pianeta per ragioni scientifiche, che hanno a che fare con il riscaldamento globale. A maggio, infatti, l’iceberg più grande del mondo (4.320 chilometri quadrati) si è staccato dalla piattaforma glaciale Ronne, nel mare di Weddell. Un fenomeno che potrebbe anche lasciare gli albesi indifferenti, magari convinti di non subirne le ripercussioni dirette. In realtà, bisognerà guardare all’Antartide con maggiore interesse. Vediamo ora perché.

Una delle ultime ricerche pubblicate da Openpolis, fondazione indipendente e senza scopo di lucro al servizio del dibattito pubblico, si concentra sul riscaldamento climatico, mettendo in rilievo come l’innalzamento delle temperature dovrebbe preoccuparci, eccome, in quanto italiani. Nel nostro Paese aumentano infatti le giornate che possono considerarsi estive – ovvero quelle con una temperatura uguale o superiore a 25°C – e diminuiscono in parallelo quelle di gelo, allorché i gradi segnalati dalla colonnina di mercurio scendono sotto lo zero. Rispetto al valore medio registrato tra 1960 e 1990, nel 2019 abbiamo avuto 11 giorni di freddo in meno e 19 estivi in più. Si tratta di una tendenza mondiale, ma le temperature in Italia negli ultimi trent’anni sono quasi sempre state superiori alla media globale: in altre parole, corriamo a una velocità leggermente superiore.

Considerando il periodo tra 1960 e 1990 – e nello specifico la media delle temperature registrate in quel lasso di tempo – nel 2019 il mondo ha visto aumentare il suo termometro di 1,28 gradi centigradi, mentre l’Italia ha segnato 1,56°C in più.

Il Piemonte non fa eccezione. Secondo l’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, «le osservazioni hanno evidenziato un aumento delle temperature medie nella regione di 1,5 gradi, in linea con la media globale del pianeta (ma le massime sono molto più elevate, ndr). Le precipitazioni invece non sono cambiate in modo significativo, sebbene vi sia un debole segnale statistico di aumento degli eventi estremi negli ultimi anni. In altre parole: periodi siccitosi più prolungati, alternati a piogge più intense».

L’Arpa fornisce anche alcune indicazioni per il futuro (se non invertiremo la rotta): «Le proiezioni per il cambiamento climatico in Piemonte mostrano che intorno al 2050 possiamo aspettarci un incremento delle temperature simile a quanto già osservato negli ultimi 60 anni, cioè sempre al di sopra della media globale. Vi è poi un debole segnale di aumento dei periodi secchi, specialmente d’estate, mentre le precipitazioni dovrebbero essere più forti in primavera e autunno».

Michele Gimondo

Ustioni da sole sui grappoli, eppure il mondo del vino non si preoccupa

“Quali saranno le conseguenze dell’innalzamento delle temperature atteso (sempre che non riusciamo a invertire la tendenza)? A livello locale, con un occhio alle colline di Langa e Roero, in molti alberga il timore che il riscaldamento possa impattare sul mondo del vino, minacciando quello che rappresenta un asset strategico. Abbiamo raccolto alcune voci.

Il primo a rispondere è Andrea Ferrero, direttore del consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. Ferrero avanza un cauto ottimismo: «Come Piemonte, non abbiamo avuto ricadute negative, ma siamo stati invece addirittura beneficiati dall’innalzamento delle temperature. Le ultime vendemmie sono state ottime, anche se ci sono state bombe d’acqua preoccupanti. Fossi in Toscana, sarei preoccupato dall’inaridimento di certe aree. Questo non vuole dire che non dobbiamo riflettere seriamente. Alcune cantine già lo stanno facendo, volgendosi all’alta Langa».

Sentiamo anche Luca Sandrone, enologo: «Stiamo verificando ustioni da sole sui grappoli ed eventi atmosferici estremi: è questo che preoccupa. La piovosità dell’anno è la stessa, ma l’acqua è meno frequente in primavera: gli accumuli idrici nel sottosuolo vengono meno. Abbiamo bisogno di ombreggiare: si tratta di un rimedio legato all’innalzamento delle temperature? Penso piuttosto a una differente manifestazione del fenomeno, che porta la luce solare a impattare in modo più significativo. Il cielo è talvolta nitidissimo, di conseguenza il sole è più dannoso. La pianta ha meno disponibilità di acqua, dunque diventa più sensibile. Non è solo un discorso di temperature, che cambiano di poco, ma si manifestano in modo diverso: ci sono molti più sbalzi, inverni più miti, a cui poi fanno seguito improvvisi ritorni di freddo. Sono queste contingenze a creare i danni maggiori».

Gianluigi Marenco, responsabile tecnico dell’azienda Ceretto, invita alla cautela: «L’influenza sulla produzione c’è stata: sulle maturazioni e sull’innalzamento delle gradazioni alcoliche. Le bombe d’acqua procurano disagi, portando a valle terreno fertile. Eppure i catastrofismi non hanno senso, per ora il nostro settore va avanti. Ogni viticoltore sta adeguando le proprie tecniche: assistiamo a bruciature dei grappoli, talvolta anche delle foglie, di conseguenza tendiamo a mantenere più coperti gli acini, sfogliamo di meno o in misura maggiore a seconda dell’esposizione al sole. Talvolta facciamo delle irrigazioni di soccorso. Si tratta di metodologie a disposizione: l’agricoltore non ha problemi ad adeguarsi. Il personale e i vigneti sono in grado di fronteggiare i cambiamenti che stiamo vedendo».

m.g.

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