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Cemento e terracotta ora possono sostituire anche legno e acciaio

ENOLOGIA Accanto a legno e acciaio, da alcuni anni stanno tornando in voga materiali come il cemento e la terracotta per i vasi vinari. Veronica Santero della cantina Palladino di Serralunga racconta del recupero di alcune vasche in cemento abbandonate da anni: «Avevamo alcune botti da novanta ettolitri comprate negli anni Settanta. Quindici anni fa abbiamo fatto rifare l’intonacatura interna con vernici vetrificate e ora le usiamo per la fermentazione malolattica e, per il nebbiolo atto a diventare Barolo, all’inizio del processo di affinamento. Teniamo i nostri vini dai sei ai nove mesi in questi tini, per permettere alle fecce di depositarsi e far sì che risultino puliti. Rispetto all’acciaio, abbiamo notato sbalzi termici minori. Il passaggio in cemento aiuta ad ammorbidire un po’ il vino, rendendolo meno tannico». La difficoltà maggiore sta nella scarsa maneggiabilità e nella maggiore manutenzione delle vasche, che devono essere lavate manualmente all’interno.

Cemento e terracotta ora possono sostituire anche legno e acciaio
Alessandro Barosi della cascina Corte di Dogliani con le sue anfore di terracotta

Se i contenitori in cemento usati da Santero hanno le pareti vetrificate, condizione che le rende impermeabili, diverso è il caso delle anfore di terracotta usate alla cascina Corte di Dogliani da Alessandro Barosi e Amalia Battaglia. Spiega il titolare: «Sei anni fa decisi di acquistare la mia prima anfora. Ora ne ho tre da 850 ettolitri, due da 450 e una da 220. Le produce una ditta di Impruneta, l’unica in Italia a certificare l’assenza di metalli pesanti, che potrebbero rilasciare sostanze al vino. Le pareti sono molto porose. Questa condizione dipende molto dal tipo di cottura. Logicamente, se la terracotta cuoce fino a diventare ceramica, l’effetto impermeabilizzante è lo stesso di un rivestimento vetrificato».

In questi contenitori i titolari producono Nascetta, Nebbiolo, Barbera e Dogliani superiore. Prosegue Barosi: «Nella terracotta il mosto non va mai oltre i ventiquattro gradi e, per questo, le fermentazioni durano anche quindici giorni. Per pulirle dopo i travasi, nelle più grandi dobbiamo entrare dentro, mentre quelle più piccole basta coricarle. Il lavaggio lo effettuo solo con acqua calda e poi le espongo al sole. I vini, grazie alla maggiore ossigenazione, escono più rotondi. Non vanno comunque lasciati lì dentro per più di un anno, per evitare che si ossidino troppo. Dato il processo laborioso, il costo finale è chiaramente superiore. Noto che i più interessati al prodotto sono i giovani».

Alle Rocche dei Manzoni di Monforte, Rodolfo Migliorini possiede, dal 2008, dei vasi vinari in cemento crudo dalla particolare forma a uovo. Più che un vezzo stilistico, una vero aiuto per la vinificazione. Spiega Migliorini: «Sono stato il primo a importare dalla Borgogna questo contenitore. A differenza di altri produttori, le pareti interne delle mie uova non sono vetrificate, il vino è a contatto con il cemento poroso. Ciò permette al vino di microossigenarsi. Non così tanto come il legno, ma molto di più rispetto all’acciaio. Questo processo lo aiuta a non andare in riduzione. Il Barolo e i rossi, dopo che sono passati in barrique, li tengo dai sei agli otto mesi nelle uova. I risultati sono sorprendenti, ma la manutenzione dev’essere accurata. Le pareti vanno lavate con acqua e trattate con una soluzione a base di acido tartarico. Subito dopo vanno riempite. Diversamente il cemento, che contiene calcio, contribuirebbe all’estrazione di tutto l’acido tartarico del vino, rendendolo imbevibile. Un’eventuale contaminazione delle pareti sarebbe fatale, dato che le muffe penetrerebbero all’interno danneggiandone la struttura. In questi casi, si potrebbe tentare di rimediare al danno usando del perossido d’ossigeno, l’acqua ossigenata. Per farle asciugare posizioniamo un ventolone sopra di loro per creare un flusso d’aria».

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Rodolfo Migliorini, della cantina Terre dei Manzoni di Monforte, posa accanto alle sue uova di cemento

La forma, spiega Migliorini, serve a «produrre un costante movimento nei vini. Un uovo perfetto non permette, per le leggi della fisica, a un liquido di stare fermo. Ciò è utile soprattutto per i vini bianchi ancora fecciosi. Le fecce pesanti si depositano, mentre quelle leggere restano in sospensione. Si crea un micro batonnage che porta ad avere vini più aromatici, grazie all’estrazione delle sostanze che sono contenute nelle bucce».

Con le dovute accortezze, secondo Migliorini «il cemento dura per sempre, ho visto vasche degli anni Cinquanta che sembrano nuove. Possiedo una quarantina di uova, da sei e da quindici ettolitri, e per me è stato come trovare l’uovo di Colombo».

Davide Barile

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