Dio non conosce confini, come succede a noi

Dio non conosce confini, come succede a noi
Gesù Cristo con gli apostoli, in una statua lignea di Ivo Strigel (1510) conservata a Bressanone.

PENSIERO PER DOMENICA – XXVI TEMPO ORDINARIO – 26 SETTEMBRE

Nel cammino verso Gerusalemme, dopo la trasfigurazione, Gesù sviluppa una catechesi per i discepoli, indicando direttrici di marcia e regole di comportamento. Il Vangelo odierno (Mc 9,38-48) è la conclusione di questa catechesi e si armonizza con le altre due letture (Nm 11,25-29 e Gc 5,1-6). Ecco le indicazioni di fondo.

No alla tentazione settaria. Gli Israeliti nel deserto erano soliti piantare, al di fuori dell’accampamento, la tenda della preghiera, dove si riunivano Mosè e i settanta anziani per essere investiti della presenza rassicurante di Dio. Un giorno scoprono che lo Spirito non soffia solo nella tenda, ma anche nell’accampamento. Possiamo tradurre così: lo Spirito non soffia solo nella Chiesa e nelle chiese, ma anche nella comunità degli uomini. Gli apostoli faranno una scoperta analoga: «Abbiamo visto uno che scacciava i demoni… ma non era dei nostri!». Sia Mosè che Gesù rispondono celebrando la generosità e la libertà di un Dio che non conosce confini nel fare il bene. Riconoscere e ascoltare la voce dello Spirito che soffia dove vuole sarà una delle sfide del prossimo sinodo.

Responsabilità verso i piccoli. Abbiamo tutti responsabilità nei confronti di quanti hanno una fede più debole, quelli che Gesù chiama “piccoli”. Attorno a noi, nelle nostre comunità e nelle nostre case ci sono persone che fanno fatica a credere, per vicissitudini personali o perché in un momento di crisi. Essi hanno bisogno di chi li sostenga, li ascolti e faccia da guida per un tratto. Il rischio è di trovare dei credenti che sono di inciampo, perché i loro comportamenti non riflettono la fede che professano o perché chiusi in una cerchia ristretta che, al pari delle sette, divide il mondo tra i nostri e gli altri.

Denunciare l’ingiustizia. Risuonano ancora una volta, nelle nostre assemblee, le parole di fuoco di Giacomo: «Il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre e che voi non avete pagato, grida…». Queste parole hanno attraversato i secoli e le stagioni (non valgono solo per la mietitura, ma anche per la raccolta della frutta o per il lavoro industriale!) e sono ancora attuali: pensiamo solo ai lavoratori stagionali delle cooperative agricole che lavorano nelle nostre terre, per salari da fame e senza una casa in cui dormire. Gli studiosi ci dicono che la nostra è la società più ingiusta della storia: mai la forbice tra ricchi e poveri è stata così ampia. Tra i grandi leader soltanto il Papa non si stanca di levare alta la sua voce per reclamare giustizia. Facciamo almeno eco alle sue parole e lasciamoci interpellare.

Lidia e Battista Galvagno

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