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Aree libere e repubbliche partigiane: il convegno ad Alba il 22 ottobre

Pierluigi Garelli spiega le zone libere della Resistenza, prove di democrazia.

ALBA Esperienze spesso effimere capaci, al di là della breve durata, di lasciare un segno indelebile nella storia dell’Italia repubblicana: gli incontri per l’anniversario dei ventitre giorni della città di Alba si aprono col convegno Zone libere e repubbliche partigiane. L’Italia democratica muove i suoi primi passi, in programma venerdì 22 ottobre, alle 18, in Municipio nella sala Teodoro Bubbio.

Lo studioso Pierluigi Garelli dell’istituto storico della resistenza di Cuneo ripercorrerà la stagione dell’esperienza amministrativa della Resistenza, incominciata, nel Cuneese, a novembre del 1943, con la liberazione di Vinadio da parte dei primi combattenti e giunta all’apice nell’estate del 1944. In quei mesi vennero istituite, fra le altre, le aree libere di San Damiano Macra – estesa fra Roccabruna e l’alta valle Maira (occupata e rastrellata il 30 luglio) – la repubblica dell’Ossola e, nelle Langhe, i territori franchi controllati dagli Autonomi del maggiore Enrico Martini, Mauri, e dai Garibaldini nell’area di Monforte. Un movimento che vide, con l’occupazione di Alba il 10 ottobre, l’inizio della fine a causa dei rastrellamenti iniziati dai nazifascisti il 13 novembre 1944.

Spiega Garelli: «Le aree libere furono, prescindendo le diverse modalità organizzative riflesso dell’ispirazione politica delle formazioni che le animarono, spazi nei quali ci si confrontò, per la prima volta, dopo vent’anni di regime, con le ipotesi del domani della nazione». E aggiunge: «Furono fenomeni di espressione di frange, non certo di maggioranze, spinte dalla volontà di riappropriarsi del loro futuro e non soltanto dalla lotta contro i nazifascisti, elemento sottovalutato dalla vulgata popolare propensa a dipingere i partigiani come una schiera di fannulloni saliti in montagna per scampare ai bandi di arruolamento della Repubblica sociale».

Considerazioni che individuano un passaggio non banale, «alla base del miracolo politico dell’Italia capace di passare, in pochi anni, dalla dittatura alla Costituzione». La lettura di lettere di giovani come il diciannovenne Giacomo Ulivi, che presero parte a quella stagione di euforia seguita all’avanzata degli alleati in Toscana e Umbria – alla quale accenna anche Beppe Fenoglio – e il commento dei documenti “fondativi”, relativi all’amministrazione di boschi, strade, bestiame e acque a San Damiano Macra, ritrovano da questa prospettiva una centralità spesso misconosciuta e sostanziano la tesi al centro dell’intervento. «Le diverse esperienze terminarono ovunque in modo sfavorevole per i combattenti partigiani, ma non si deve guardare a esse come a un fuoco di paglia».

Davide Gallesio

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