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Nel 1990 in Italia si guadagnava più del 2020

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Foto di repertorio

STIPENDI Tra tutti i Paesi dell’Unione europea, dal 1990 a oggi, l’Italia è l’unico in cui il salario medio annuale non è aumentato, anzi è sceso del 2,9 per cento sul trentennio, con un calo drastico del 5,9% nell’anno della pandemia. Lo attesta il portale Openpolis, a partire dai dati Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). In particolare, l’aumento maggiore si è registrato nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Per esempio, in Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia il salario medio annuale è raddoppiato in 30 anni. Anche se le percentuali più alte di crescita si riscontrano nei Paesi baltici, dove tra il 1995 e il 2020 il mensile medio incassato è più che triplicato. C’è da dire che si tratta di Stati in cui, trent’anni fa, si partiva da stipendi molto bassi. Per esempio, se si guarda alla Lituania, si è passati dalla retribuzione media di poco più di 8mila dollari nel ’95 ai 32mila del 2020, con un incremento del 276 per cento. E qui emerge la prima differenza con i Paesi dell’Europa meridionale, dove le paghe erano già più alte a inizio degli anni ’90, ma la crescita negli anni seguenti è stata molto più modesta.

Come in Spagna, Paese in cui il salario medio annuale nel 1990 era pari a 36mila dollari, mentre nel 2020 è arrivato a 38mila. Una situazione analoga è quella del Portogallo, passato da 25mila dollari nel 1995 a poco più di 28mila nel 2020. Un po’ diverso il caso della Grecia che, partendo da circa 21mila dollari nel 1995, ha registrato un aumento piuttosto importante fino al 2009, arrivando a 34mila dollari, per poi calare progressivamente per via della crisi.

E l’Italia? Ciò che emerge dai dati Ocse è la fatica della retribuzione a migliorare. Tra il 1995 e il 2010, si è registrato nel nostro Paese il maggiore aumento della retribuzione, passando da un salario medio annuale di 37mila dollari a uno di 42mila. Una crescita nettamente meno consistente rispetto al resto d’Europa, come in Irlanda, dove nello stesso periodo si è passati da 31mila a 50mila dollari. Fino al 2019, poi, la variazione è stata minima. Per arrivare al 2020, anno in cui si è registrata una diminuzione del 5,9 rispetto all’anno precedente, riportando i salari italiani al di sotto dei livelli del 1990: oggi infatti i dati Ocse parlano di una retribuzione media italiana all’anno di 37mila dollari, che corrispondono a quasi 33mila euro. Una cifra non molto lontana da quella dei Paesi baltici, che partivano da una media retributiva molto più bassa. In effetti, se all’inizio degli anni ’90 l’Italia era al settimo posto in Europa per salari medi, nel 2020 è scesa al tredicesimo posto, sotto a Paesi come Francia, Irlanda, Svezia e Spagna. Per non parlare di Paesi Bassi e Danimarca, al primo posto per retribuzione in Europa, dove si sfiorano i 59mila dollari all’anno, pari a quasi 51mila euro.

Ma perché in Italia, tra il 2019 e il 2020, la contrazione dei salari ha sfiorato il 6 per cento? Una quota maggiore rispetto a quanto riportato nel resto d’Europa, come in Francia, dove si è registrata una riduzione del 3,2 per cento, o in Spagna, del 2,9 per cento.

La causa di questo fenomeno, a quanto scrive Openpolis, «va ricercata nel taglio delle ore lavorative, mentre il problema della perdita del lavoro è stato in buona parte arginato da misure di salvaguardia a livello nazionale, che sono riuscite a contenerne gli effetti più negativi».

Francesca Pinaffo

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