Nel 2020, in Piemonte persi 39mila residenti

Narzole piange un neonato di 20 giorni morto in culla

DEMOGRAFIA Il rapporto fra natalità e Covid-19 è il fulcro dell’analisi La demografia della popolazione piemontese nel 2020: gli effetti della pandemia, pubblicato a novembre dall’Istituto di ricerca sociale regionale (Ires). Il lavoro cerca di comprendere come il virus abbia accelerato i processi demografici già in atto.

Dalle pagine emerge come gli abitanti della regione – in calo costante dal 2014 – siano diminuiti, l’anno scorso, di 38mila unità, valore raddoppiato rispetto all’anno precedente (nel 2019 si registrò una contrazione del 4 per cento). I nati, nel 2020, sono poco più di 27mila contro 66mila morti, a fronte di una popolazione che conta 4 milioni e 200mila unità.

Spiegano i ricercatori: «Il saldo migratorio è positivo, ma decisamente ridotto e compensa solo in minima parte la contrazione, dovuta all’incremento dei decessi. I nuovi residenti stranieri sono 139mila contro 138mila persone cancellate dai registri». La pandemia ha causato 12.900 morti in più, in un anno, rispetto alla media del quinquennio precedente: il tasso di mortalità, fermo al 12 per mille, è salito al 15,5. Eppure i decessi attribuiti in via diretta al Covid-19 sono poco più di 8mila, gli altri sono da imputare a fattori molteplici (si veda qui a lato).

La provincia di Cuneo è fra le meno colpite dal virus: l’indicatore di mortalità si ferma a 125,7 ogni 100mila abitanti, contro una media regionale del 126,1: ad Alessandria si è arrivati a 196. Crisi delle nascite e impennata dei decessi portano il saldo naturale al record negativo di 39mila unità perse, nell’ultimo anno; in pratica nove residenti ogni mille abitanti.

Anche a causa di un sistema sanitario concentrato esclusivamente sul Covid-19 e poco attento alle altre patologie, la speranza di vita è diminuita: a livello nazionale, secondo l’Istat, gli uomini hanno perso 1,4 anni di vita. L’indicatore si attesta a 79,7 anni, nel complesso; 79 in Piemonte, con un calo di 1,7 anni. Le donne, in base all’aggiornamento delle stime, vivono fino a 84,4 anni, con una contrazione dell’aspettativa di “soli” 12 mesi, valore che sale leggermente in Piemonte (1,3 anni di vita persi e 83,8 complessivi).

La demografia fornisce degli spunti preziosi: servono strumenti in grado di sostenere la natalità, l’unica via al benessere collettivo.

m.d.

Record negativo per le nascite: 900 bambini in meno nell’anno del virus

Oltre all’incremento dei decessi, secondo la ricerca pubblicata da Ires a novembre, seguita in Piemonte anche il calo delle nascite, con un nuovo record: nel 2020 i neonati sono stati poco più di 27mila, novecento in meno rispetto all’anno precedente. Nell’ultimo decennio il tasso si è ridotto del 28 per cento. La contrazione è figlia di un insieme di fattori, spiegano i ricercatori. «In primo luogo la popolazione femminile in età fertile risulta in diminuzione. La forte denatalità, registrata a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, ha prodotto gruppi sempre meno numerosi: nel 2020 le donne in età fertile (cioè fra i 15 e i 49 anni) erano 818mila, il 12,8 per cento in meno rispetto ai dieci anni precedenti. È diminuito il tasso di fecondità: nel 2020 era pari a 1,24 figli per donna; l’indice è in calo ormai dal 2012». Un gap evidente rispetto alle donne straniere, che hanno «ancora una propensione a fare figli più elevata delle italiane (le stime parlano di 1,96 nati pro capite). Pesano le difficoltà indotte dalla crisi del 2008, con la posticipazione dei progetti di formazione della famiglia e quelli riproduttivi, quale conseguenza». A questi problemi si aggiungono «le conseguenze in campo economico del virus, con un effetto riduttivo sulla natalità, a fine 2020. L’Istat ha notato una contrazione più accentuata delle nascite a dicembre del 2020, rispetto allo stesso mese del 2019. Un effetto indiretto sulla natalità, inoltre, è dato anche dal calo del tasso di nuzialità durante tutto il 2020».

Il Cuneese ha la popolazione meno anziana

DEMOGRAFIA Carla Nanni fa parte delle ricercatrici di Ires Piemonte che si occupano di dinamiche demografiche.

Nel 2020, in Piemonte persi 39mila residenti
Carla Nanni, ricercatrice Ires

La sovramortalità registrata in Piemonte, nel 2020, è attribuibile esclusivamente al Covid-19?

«Un terzo fra i decessi in soprannumero non è attribuibile direttamente al virus. Per l’Istat, inoltre, da un lato una parte delle vittime del virus potrebbe essere sfuggita alle rilevazioni; dall’altro, in un sistema sanitario assorbito dalla lotta alla pandemia, è probabile che altre patologie non abbiano ricevuto l’attenzione necessaria. Pensiamo a chi, per esempio, ha accusato un malore e non è andato al pronto soccorso, per paura del contagio. Questa dinamica può aver influito sul tasso di mortalità generale, ma è ancora presto per fare ipotesi certe. Attendiamo analisi epidemiologiche specifiche».

Qual è la situazione demografica del Cuneese?

«La popolazione è più giovane rispetto al resto della regione. Il livello di invecchiamento è in crescita anche qui come nel resto del Paese, ma si attesta su valori inferiori: è minore la presenza di anziani, maggiore quella di giovani. A Cuneo l’indice di vecchiaia ­ il rapporto tra over 65 e ragazzi under 15 ­ è pari a 185 punti, il più basso in tutto il Piemonte. Nel 2019, tuttavia, quasi un quarto della popolazione cuneese aveva più di 65 anni».

Cosa fare di fronte a questi indicatori?

«Bisogna aiutare i giovani nella costruzione di nuove famiglie: migliorare la rete delle scuole per l’infanzia può essere un inizio, ma occorre rendere il lavoro meno precario. È più difficile scegliere di diventare genitori, se l’avvenire appare incerto: i giovani non si sentono sostenuti nel passaggio alla vita adulta e il disagio conseguente li induce a rinunciare a farsi una famiglia».

m.d.

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