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Per Barolo e Barbaresco le Mega in maggioranza

Dai giovani la riscoperta del lavoro in agricoltura

VIGNETI C’è chi li chiama cru alla francese, chi sottozone, chi sorì come capita a Diano. Per come sono state delimitate in Langa e Roero negli ultimi 20-25 anni, la legge li ha chiamate Menzioni geografiche aggiuntive e poi Unità geografiche aggiuntive. Nel concreto il concetto di cru è un po’ più evoluto rispetto a quello delle Mega (l’acronimo di Menzioni geografiche aggiuntive): insieme al carattere geografico il termine transalpino utilizza anche la valenza vocazionale, a sottolineare ulteriormente la qualità intrinseca di quel vigneto rispetto alla globalità della zona di origine a denominazione. Ci si potrebbe chiedere perché nella nostra zona sia stata scelta la strada della sola delimitazione geografica. La risposta è semplice: rispetto alla Francia, nelle nostre aree si è aspettato troppo per fare questi passi e, così, nel momento in cui si è deciso, non era più oggettivamente possibile realizzare una delimitazione più meritocratica. Il lavoro è stato fatto ugualmente con puntigliosità, individuando in generale delle aree piccole, decisamente inferiori alla zona di origine, delimitandole geograficamente e attribuendo al vino ottenuto la valenza di un’origine più precisa. A dettare le regole per la produzione controllata e garantita ci pensava già il Disciplinare di produzione.

Oggi nell’Albese sono cinque le denominazioni che hanno delimitato e introdotto nel Disciplinare le Mega: Barbaresco (2007), Barolo (2010), Diano d’Alba (2010), Dogliani (2018) e Roero (2018). Barbaresco e Barolo stanno regalando le soddisfazioni migliori: vediamo, quindi, qual è la situazione delle Mega relativamente ad essi. Abbiamo verificato in occasione della vendemmia 2020 quanta della produzione di ciascun vino sia stata rivendicata con la Mega e quanta con il semplice riferimento della denominazione d’origine. Cominciamo per anzianità dal Barbaresco. Le rivendicazioni del Barbaresco Docg “semplice” hanno interessato 335,15 ettari, corrispondenti al 44,24 per cento del totale. Per contro, le rivendicazioni del Barbaresco con il riferimento alla Mega hanno riguardato 422,54 ettari, ovvero il 55,76 per cento della totalità. C’è un altro dato indicativo: delle 66 Menzioni inserite in Disciplinare solo due per il momento non sono state rivendicate. La situazione è ancora più netta nel Barolo. La denominazione Barolo senza Mega ha interessato 802,22 ettari, pari al 37,36 per cento del totale, mentre il Barolo con la Menzione geografica aggiuntiva ha riguardato addirittura 1.344,58 ettari, ovvero il 62,63 per cento del dato complessivo.

Cosa ci sia dietro queste scelte sempre più plebiscitarie a favore dei due vini con l’indicazione della Mega è presto detto: il Barbaresco e il Barolo con l’indicazione aggiuntive della sottozona rispondono perfettamente alla necessità della singola azienda di differenziarsi all’interno della denominazione specifica. E, poi, i vini vengono venduti con rendite di posizione superiori.

Il dato più elevato del Barolo rispetto al Barbaresco potrebbe dipendere dal fatto che il Barolo ha subito deciso di utilizzare come Mega anche i riferimenti degli undici Comuni della zona di origine, cosa che al Barbaresco per ora è preclusa.

g.m.

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