SANTO STEFANO BELBO Domenica 7 novembre sono state premiate alcune delle più importanti personalità della cultura italiana distinguendosi nei settori in cui Cesare Pavese ha fato un forte contributo nei primi anni del Novecento. Antonella Anedda (poesia), Antonio Franchini (narrativa), Tommaso Pincio (traduzione), Stefano Mauri (editoria), Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin (saggistica) hanno infatti ricevuto il premio Pavese 2021 nella splendida cornice della chiesa Santi Giacomo e Cristoforo, auditorium della fondazione Pavese, che organizza il riconoscimento.
Per la sezione della poesia, introdotta solo da quest’anno e che aveva nel critico Carlo Ossola il suo giurato, ha trionfato la scrittrice sarda Antonella Anedda che, nel discorso di accettazione del premio ha affermato: «Vorrei celebrare una triplice alleanza tra poesia, prosa e traduzione, discipline senza frontiere che non sopportano la retorica e aprono continuamente porte, al contrario dei muri che qualcuno vorrebbe innalzare».
Il romanziere Antonio Franchini, autore de L’abusivo, ha invece sottolineato la vicinanza tra Cesare Pavese e Ernest Hemingway, due autori che hanno fortemente influenzato la sua scrittura: «Sono scrittori di cui basta leggere una riga per capire chi sono, entrambi hanno tra i loro temi preferiti quello della terra. Pavese poi non è stato solo un traduttore, ma ha reso un’epoca della letteratura americana parte della cultura italiana, per questo ho letto Hemingway come fosse un autore italiano».
Gian Arturo Ferrari, ex vicepresidente di Mondadori Libri e giurato del premio, ha invece consegnato il riconoscimento a Stefano Mauri, attuale amministratore del secondo gruppo editoriale italiano, Gems, a cui fanno capo prestigiose case editrici come Bollati Boringhieri, Garzanti e Guanda. Nel ripercorrere il suo percorso professionale, che lo ha visto ingrandire l’azienda del padre, Messaggerie italiane, società leader nella distribuzione di libri, e acquisire tanti editori storici, ha ricordato la figura guida di Mario Spagnol ai tempi in cui lavorava a Longanesi: «Mi ha insegnato a non confondere il corso delle cose con il loro lavoro».
Il lavoro di traduzione è stato invece alla base delle parole di Tommaso Pincio, che ha curato edizioni di Thoreau, Fitzgerald, Dick e Orwell: «Non pensavo che sarei diventato un traduttore, per me all’inizio era una palestra per carpire i segreti dei libri e degli scrittori che mi piacevano. Essere innamorato del mio mestiere significa sapere che anche oggi mancherò il bersaglio ma ci arriverò vicino». Ha poi spiegato la differenza sostanziale tra il copista, che si avvicina alla figura del traduttore, e il falsario: «Il copista ha un profondo rispetto per l’opera originale, sa che il doppio perfetto non esiste ed è costretto a rimanere umile, mentre l’attività del falsario è votata all’inganno e spesso diventa caricatura».
Infine i professori Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin hanno illustrato il lungo lavoro che ha portato alla realizzazione dei sei volumi di Storia dell’italiano scritto, edito da Carocci: un percorso nella nostra lingua, affrontata da numerosi punti di vista diversi, che ha impegnato gli studiosi per ben otto anni, insieme a molti collaboratori. Nell’opera la figura di Pavese appare in numerosi capitoli, per il contributo dato alla lingua italiana nella poesia e nei romanzi, ma anche in settori più inaspettati come la musica, grazie ai preziosi prestiti a cantautori quali De Andrè, Tenco e De Gregori.
Per il Premio Pavese Scuole, che dava un riconoscimento ai migliori elaborati provenienti dalle scuole di tutta Italia sul tema dei Dialoghi con Leucò ha trionfato Ana Groppo del liceo scientifico “Galilei” di Nizza Monferrato con un testo dal titolo Scambio epistolare tra Cuore e Ragione. Seconda si è classificata Marzia De Martino del liceo ginnasio “Vico” di Napoli, mentre terza è arrivata Martina Zingaretti del liceo classico “Vittorio Emanuele II” di Jesi (Ancona).
Lorenzo Germano