Cerca del tartufo: a breve arriverà il verdetto dell’Unesco

ALBA La cerca e la cavatura del tartufo potrebbero a breve diventare patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Si tratta di pratiche che non esauriscono la propria funzione nell’estrarre il fungo ipogeo dal terreno, ma di gesti complessi che al proprio interno racchiudono tradizioni mitiche, relazioni profonde tra uomo e natura, emozioni tra il cercatore e il suo cane, leggende e camminate notturne.

La commissione Unesco si riunirà a Parigi ed emetterà un verdetto definitivo – dopo il primo parere favorevole espresso a novembre – tra il 13 e il 18 dicembre. La decisione finale non sarà in alcun modo correlata al valore commerciale del tartufo, ma riguarderà soltanto gli aspetti antropologici, umani e anche ecologici. Infatti la cerca e la cavatura racchiudono al proprio interno un messaggio e un monito “ambientalista”: visto che il fungo ipogeo nasce sotto gli alberi e nei boschi, per proteggerlo è necessario opporsi il continuo disboscamento e mantenere elevati livelli di biodiversità.

m.v.

Cerca del tartufo: in settimana arriverà il verdetto dell'Unesco

Tartufo, primo sì dell’Unesco per la cavatura

La cerca e cavatura del tartufo raccontano e racchiudono relazioni profonde tra i trifolao e i loro cani (tabui), modalità di entrare in rapporto con la natura, saperi di tipo pratico e simbolico. Sono azioni che narrano secoli di tradizione e silenziose camminate notturne nei boschi, storie popolari e miti. Nell’Albese e in altre parti d’Italia si tratta di cose note, ora arriva anche il parere favorevole del Comitato tecnico Unesco al riconoscimento di cerca e cavatura come patrimonio immateriale dell’umanità. Il cammino è stato lungo: nel 2012 in un convegno ad Alba, partecipato sia dalle istituzioni che compongono l’Associazione nazionale città del tartufo sia dalle più organizzate Associazioni di tartufai e dalla loro federazione (Fnati), si avvertì l’esigenza di un progetto comune: si individuò l’inserimento nella lista Unesco del patrimonio immateriale come obiettivo che avrebbe stimolato consapevolezza e responsabilità, su intuizione e suggerimento di Giacomo Oddero, che allora era presidente del Centro studi tartufo.

La candidatura seguì varie tappe e riscritture; la decisione definitiva arriverà tra il 13 e il 18 dicembre a Parigi: è presumibile che il verdetto finale sarà positivo. Spiega Antonio Degiacomi, presidente del Centro nazionale studi tartufo: «L’iter ha richiesto il coordinamento e la collaborazione tra molti livelli istituzionali, singoli tartufai e associazioni. Un percorso possibile soltanto grazie alla cooperazione collettiva e che ha richiesto tempo, energie e importanti modifiche durante il percorso. Uno dei risultati emersi riguarda la creazione della prima catalogazione dei saperi legati alle attività di cerca e cavatura distinte per regioni e varietà botaniche di tartufi e la costituzione di un archivio fotografico e filmico di grande valore documentale. A questo va aggiunto il valore sociale e culturale costituito dal piano di salvaguardia del tartufo, che ha avviato operazioni di trasmissione intergenerazionale informale, corsi, laboratori, seminari e incontri pubblici per accrescere la sensibilità comune, il rispetto per la natura, le persone, gli animali».

La cerca del tartufo, nel rapporto del comitato Unesco (vedi box in alto), contribuisce a proteggere gli animali e la natura, visto che preserva i boschi impedendo lo sradicamento degli alberi, e soprattutto «incoraggia a prestare attenzione al potenziale rischio di commercializzazione eccessiva dell’elemento». Un aspetto, quest’ultimo, che ribadisce come l’Unesco non abbia espresso un parere favorevole in virtù del risvolto economico correlato alla pratica di cerca, ma abbia preferito porre l’enfasi sui significati antropologici, culturali e ambientali correlati. Il concetto non sembra essere stato colto dai media e da alcune associazioni di categoria, come ad esempio Coldiretti che, nella prima dichiarazione all’Ansa, poi riportata da altri giornali, sottolineava il beneficio per un «sistema segnato da uno speciale rapporto» capace di generare un «business che si stima in oltre mezzo miliardo di euro». Ma sottolineare gli aspetti di monetizzazione e le opportunità di profitto significa smarrire il significato ultimo della candidatura, che si concentra invece su ragionamenti di tipo antropologico e culturale.

Sempre l’Ansa ricordava come «il prezzo medio del tartufo bianco ha quotazioni record, sfiorando i 450 euro – magari, avrà sospirato chi ha letto i prezzi reali di quest’anno, ndr – all’etto al borsino del tartufo di Alba, dove è in corso una rinomata Fiera», alludendo poi al fatto che il riconoscimento della cerca e della cavatura come patrimonio dell’umanità avrebbero arricchito ulteriormente i cercatori. Nel caso della cerca e della cavatura, tuttavia, il valore dell’oggetto (il tartufo) è un aspetto parziale e limitato. Pertanto, utilizzare l’economia come unico filtro interpretativo rischia di tagliare via il significato stesso della candidatura del tartufo.

r.a.

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