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In Piemonte sedici bambini su cento sono stati vessati

In Piemonte sedici bambini  su cento sono stati vessati

GIOVANISSIMI La violenza emerge quando in un contesto sociale si respira sofferenza, quando non esistono sufficienti strutture di supporto emotivo. Il bullismo e il cyberbullismo – ovvero l’aggressione verbale o psicologica esercitata sul Web attraverso umiliazioni, attacchi e ridicolizzazioni della vittima – sembrano dilagare. Sul tema è stata appena pubblicata una ricerca promossa dalla Regione e realizzata dall’Università degli studi di Torino e dall’Università del Piemonte orientale. Si tratta di un lavoro raro nel suo genere, perché l’oggetto d’indagine è di per sé arduo da monitorare. Nella ricerca sono state coinvolte 48 scuole piemontesi (tra istituti scolastici secondari di primo, di secondo grado e agenzie formative), per un totale di 56 classi in 8 province. Il campione è costituito da circa mille tra studenti e studentesse, 300 insegnanti e 100 rappresentanti del personale ausiliario. L’obiettivo era non solo raccogliere informazioni, ma anche sensibilizzare la comunità sul tema, mettendo a confronto ciò che è accaduto nel periodo prepandemico con il tempo del lockdown e delle prime riaperture.

Emerge che gli episodi di bullismo e cyberbullismo osservati dai ragazzi e dalle ragazze, per quanto riguarda le aggressioni fisiche, diminuiscono tra il periodo prima del lockdown (20,4%) e l’attuale anno scolastico (15,6). Un calo che non sarebbe stato percepito dagli insegnanti, i quali ne segnalano la stabilità; il dato per loro sarebbe rimasto invariato tra il periodo precedente alle chiusure (23,6%) e l’attuale anno (23).

Spiegano i ricercatori: «Viceversa, a proposito della prevaricazione on-line, esistono importanti convergenze tra lo sguardo adulto e quello degli adolescenti: infatti, nonostante l’utilizzo massiccio delle tecnologie in Rete nel periodo pandemico, tra i ragazzi e le ragazze la percezione di condotte riconducibili al cyberbullismo pare essersi attenuata nella fase del rientro a scuola, pur rimanendo a livelli non trascurabili. E così la pensano anche i loro insegnanti». Dai numeri si evince infatti come il fenomeno della violenza segua linee di complessità non scontate né semplici da interpretare.

I luoghi del bullismo, in base alle testimonianze degli studenti, sono – in ordine – la scuola, i social, le App di messaggistica, gli spazi fuori dagli edifici scolastici e la strada. Gli episodi più ricorrenti, raccontati da chi ne è stato vittima, sono «essere preso/a in giro» o «insultato/a per l’aspetto fisico, il modo di parlare e le opinioni»: prima del lockdown (il 14,8% più volte al mese), durante il lockdown (8,7% più volte al mese), in quest’anno scolastico (8,8% più volte al mese). Insomma, l’atto violento consiste nel far sentire un individuo inadeguato, diverso, indegno. Una svalutazione dell’immagine, che può avere esiti traumatici di lunga durata, con strascichi importanti nella vita.

Secondo uno studio pubblicato in primavera da Hbsc, ente di sorveglianza sul comportamento dei ragazzi in età scolare, inoltre, il fenomeno non riguarderebbe solo gli adolescenti ma anche i più piccoli: in Piemonte durante il 2018 il 16,4% delle bambine under 12 è stata vittima di vessazioni (contro il 16,2% dei maschi). La media italiana si attesa invece sul 15,8%. Si tratta di numeri preoccupanti, che segnalano un grave disagio in via di ampliamento: se i ragazzi sentono il bisogno di prevaricare ed esercitare violenza sui propri coetanei, significa che soffrono. Non solo le vittime, ma anche i cosiddetti bulli. È un grave segnale d’allarme, una richiesta d’aiuto al mondo adulto che non deve cadere nel vuoto.

Matteo Viberti

Non va peggio in tempo di Covid

INTERVISTA Parliamo con Emanuela Torre, docente di pedagogia nell’Università di Torino. Insieme alle colleghe Anna Rosa Favretto, Maria Adelaide Gallina, Stefania Fucci e Tania Parisi, ha curato la ricerca sul cyberbullismo in Piemonte di cui trattiamo qui sopra.

Come ha influito la pandemia sul fenomeno, Torre?

«Nella rappresentazione dei ragazzi emerge una lieve diminuzione del bullismo “classico”. Per il cyberbullismo, la percentuale di studenti che afferma di aver subito o assistito al fenomeno è stabile, nonostante ci si aspettasse che la maggior quantità di tempo passata on-line potesse produrre l’incremento delle condotte prevaricatorie».

Chi sono le vittime e come accadono le aggressioni?

«Dall’analisi dei comportamenti prevaricatori emergono differenze, relative al genere. Per esempio, nel periodo prepandemico i comportamenti più frequenti sono insulti, prese in giro e maldicenze (più indicate dalle ragazze) e minacce fisiche (per i maschi). Nel periodo di sospensione delle attività scolastiche prevalgono le prese in giro e la diffusione di informazioni false o private in forma virtuale. Con il rientro a scuola tende a prevalere il bullismo verbale e il bullismo di tipo fisico».

È possibile rendere i ragazzi e le ragazze protagonisti della prevenzione?

«Dalle risposte al questionario si rileva grande consapevolezza, attenzione e volontà di partecipazione. I ragazzi e le loro compagne ritengono fondamentale essere considerati soggetti attivi nella promozione delle azioni. È perciò fondamentale l’impegno delle istituzioni a mettere adulti e giovanissimi nelle condizioni di costruire ambienti disponibili e in grado di accogliere in maniera costruttiva l’espressione del disagio».

m.v.

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