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La Forma del Vino è l’anima del territorio – Tutto esaurito al “Pala Alba Capitale” per undici relatori d’eccezione

Il tributo promosso da Confindustria Cuneo e dal “Corriere vinicolo” alla storia, all’imprenditorialità e all’artigianalità spesso geniale del mondo del vino delle Langhe e del Roero

La forma del vino è l'anima del territorio - Tutto esaurito al “Pala Alba Capitale” per undici relatori d’eccezione

ALBA “La Forma del Vino” è stato l’omaggio, promosso in collaborazione con il “Corriere Vinicolo”, previsto dal programma di Alba Capitale della Cultura d’Impresa 2021 (che sta per passare il testimone, l’anno prossimo, all’area vasta Padova-Rovigo-Treviso-Venezia), a un comparto produttivo, sia nella componente più agricola, sia in quella industriale, che ha contribuito e contribuisce al successo di un territorio di cui la vitivinicoltura è uno dei più rigogliosi fiori all’occhiello.

L’evento di sabato 4 dicembre in un “Pala Alba Capitale” di piazza San Paolo al massimo della capienza, trasmesso in diretta streaming, ha proposto l’analisi di otto temi portanti da parte di undici relatori, chiamati a esprimersi ricorrendo alla conferenza modello Ted, una formula veloce e avvincente che ha tenuto viva l’attenzione della platea dall’inizio alla fine.

L’introduzione è stata a cura di Giuliana Cirio, direttore di Confindustria Cuneo, e di Alberto Cugnetto della Sezione vini/liquori-distillerie dell’Associazione datoriale, i quali hanno anche presentato, in anteprima, il numero speciale fresco di stampa della rivista “Made In Cuneo” realizzato per l’occasione, al fine di esaltare il “genio del vino”. 

Poi, senza soluzione di continuità, si sono susseguite le relazioni.

La prima parte ha raccolto le testimonianze dedicate alla “Storia”.

Giusi Mainardi dell’Accademia di agricoltura di Torino, è partita dalle steli di Cherasco, Pollenzo e Caraglio, le quali testimoniano come in queste terre il vino abbia radici che affondano oltre duemila anni addietro. Gli statuti comunali medievali confermano quale fosse la diffusione della coltivazione della vite e il XIX secolo fu il periodo in cui l’enologia locale spiccò il volo, grazie ai marchesi Falletti, al conte Camillo Benso di Cavour, fervido sostenitore dell’Accademia di agricoltura, al lavoro del generale Staglieno e a ciò che venne impostato nei tenimenti reali di Pollenzo e di Fontanafredda. A fine Ottocento c’erano vigneti in 212 comuni della provincia Granda (ben 111 i vitigni coltivati), occupando 46.900 ettari, di cui 23.000 circa nel circondario di Alba, città nella quale nel 1881 venne fondata la Scuola enologica, il cui primo direttore fu Domizio Cavazza, “papà” del Barbaresco, istituto da cui uscirono grandissime personalità, di respiro internazionale, del mondo enologico.

Francesco Bonino de L’Artistica Editrice Savigliano ha presentato l’Ampelografia universale storica illustrata-I vitigni del mondo, opera di straordinaria valenza che unisce la storia della vite e l’arte della litografia, proponendo in altissima qualità di stampa le riproduzioni delle immagini di fine XIX secolo che ritraggono 550 vitigni di tutto il mondo.

Paolo Sartirano, presidente della Sezione vini/liquori-distillerie di Confindustria Cuneo, è partito dal ricordo del 26 giugno 1988, quando visitò la tenuta Arnulfo alla Bussia di Monforte d’Alba e decise di acquistarla. Durante i lavori di ristrutturazione vennero alla luce importanti documenti storici, datati dal 1767 in poi. Sartirano si è soffermato in particolare sulla figura del cavalier Luigi Arnulfo, farmacista a Cherasco, che dal 1873 intraprese la produzione di vino in quella cascina, capendo subito il valore del territorio. Fu lui ad avere l’intuizione delle etichette con l’indicazione dell’area di produzione, identificandola nelle etichette del 1889 citando “regione Bussia. Le menzioni geografiche aggiuntive sono arrivate solo nel 2010… 

Poi si è parlato di “Comunità”.

Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, sottolineato che il successo enologico del territorio deriva anche dai suoi vitigni autoctoni, nonché dai vini monovitigno, ha evidenziato come la comunità costituisca le gambe su cui cammina l’enologia e il Consorzio ne sia l’espressione organizzata delle varie componenti: tante anime che l’ente da lui guidato cerca di amalgamare fra competenze, sensibilità e professionalità diverse. Per Ascheri è importante che si pensi sempre di più a iniziative di promozione collettiva in Italia e soprattutto all’estero, nel nome di un’unicità da proteggere e da diffondere. Gli investimenti, sempre attenti al rispetto del territorio, vengono fatti in produzione, ma anche in accoglienza e nella ristorazione: partendo dai vini di qualità, l’enoturismo è diventato una risorsa straordinaria, con i risultati odierni frutto di scelte fatte già negli anni 60, con spirito di autentica imprenditorialità.

Ernesto Abbona, presidente dell’Unione Italiana Vini (Uiv), da sempre impegnato nel mondo associativo, anche in Confindustria, ha definito la sua attuale presidenza un’esperienza molto coinvolgente e di crescita. L’Uiv è ormai un interlocutore primario delle istituzioni pubbliche, specie quelle comunitarie, dimostrandosi una vera e propria comunità che accresce la competitività del comparto. Oggi sono oltre 650 le aziende associate che rappresentano l’85% dell’export e il 50% fatturato nazionale del vino. In Uiv si superano differenze e diffidenze, a favore di progettualità comuni, facendo sintesi fra posizioni a volte contrastanti. Il Testo unico della vite e del vino ne è un grande esempio che ha consentito di confrontare interessi contrapposti, arrivando a proposte unitarie condivise. Abbona infine ha evidenziato l’importante ruolo di collegamento e di informazione svolto dal “Corriere vinicolo”, testata settimanale che all’inizio di dicembre ha compiuto 93 anni.

Bruno Ceretto, intervenuto in sostituzione della figlia Roberta, indisposta, ha tenuto viva l’attenzione sull’“Arte” legata al vino, ai filari e alle cantine. L’ha fatto illustrando lo stretto legame fra l’azienda di famiglia e l’arte moderna, il cui punto di partenza, nel 1999, fu l’affidamento a Sol LeWitt e David Tremlett dell’intervento per far rinascere la desolata “Cappella del Barolo”, presso il vigneto di Brunate di La Morra. Nacque così quello che è  diventato uno dei luoghi di maggior appeal turistico delle Langhe, un’idea proseguita con innumerevoli progetti di autentico mecenatismo, comprese le mostre di richiamo globale offerte gratuitamente al pubblico in arrivo ad Alba, che hanno dato e danno lustro all’azienda, certo, ma anche al territorio tutto. In tale àmbito contributi artistici importanti non sono mancati neppure nel ristorante “Piazza Duomo” dello chef tristellato Enrico Crippa e nell’annessa “Piola”, locali a proposito dei quali sono alle viste iniziative di eccezionale rilevanza internazionale.

Paolo Marolo ha sviscerato il concetto dello “Spirito”, quello di Langa in particolare. L’ha fatto spiegando come, nel 1977, nacque la sua distilleria, frutto di una passione coltivata quando era docente all’Enologica, scuola presso la quale si è diplomato. A forza di intuizioni originali, ha portato l’azienda a godere dell’attuale reputazione, contando sull’appoggio della moglie e sulle capacità del figlio Lorenzo che l’affianca, mentre l’altra figlia, Paola, è medico oculista. Per Marolo l’approccio vincente al lavoro è quello alimentato dalla passione che, per esempio, a lui ha consentito di avviare e di vincere la scommessa delle vinacce suddivise, non solo per vitigno, ma anche per zone, specie quelle del Nebbiolo da Barolo, e quella dell’invecchiamento delle grappe prodotte che ha aperto la via all’internazionalizzazione. Ha, ad esempio, introdotto l’idea del monovitigno nella grappa e l’ha fatto, come per ogni altra innovazione avviata, sempre divertendosi. E poi ha optato per etichette leggibili, semplici, con soggetti tratti dalla vita quotidiana individuati anche grazie alla mano intelligente di Gianni Gallo, capaci di far identificare subito il marchio, perché non basta produrre bene, occorre anche vendere. 

A occuparsi di “Tecnologia” non poteva essere che Carlo Gai la cui azienda, la Gai Macchine Imbottigliatrici fondata nel 1946 dal padre Guglielmo, è leader mondiale nel proprio settore, peraltro in pratica monopolizzato da imprese italiane. Il relatore ha spiegato alcuni dei sistemi progettati e realizzati nello stabilimento di Ceresole d’Alba che sta per essere ampliato per l’ennesima volta. Dai dieci dipendenti del 1972 si è arrivati a 280 (in questo numero sono compresi i cinque componenti della famiglia, ha sottolineato), oltre a quelli in Francia e negli Stati Uniti. Per l’ingegner Gai, il progresso tecnologico che ha portato l’azienda ai vertici globali è strettamente collegato alla crescita imponente della qualità del vino italiano e in particolare piemontese, avviata quasi come una catarsi dopo lo scandalo del metanolo del 1986. 

L’argomento “Gusto” è stato affrontato da Giampiero Cordero, pochi mesi fa laureato miglior sommelier d’Italia dalla guida de “L’Espresso”. Anche in questo caso si tratta di una storia di famiglia, legata al ristorante “Il Centro” di Priocca, dove i nonni gli hanno insegnato che non si deve mai rischiare di perdere il cliente per una fetta di arrosto riscaldata e che il buon vino è sempre un grande investimento: se non riesci a venderlo, lo puoi bere. L’exploit della ristorazione albese negli ultimi venti-trenta anni è stato clamoroso, fino a diventarne uno dei poli principali a livello europeo, grazie a vino e terroir, intendendo per esso la collettività capace di far conoscere e far crescere il territorio con le sue eccellenze. Il successo è arrivato seguendo il fil rouge della finezza e dell’eleganza, sia per vini che per ristorazione. Secondo il giovane oratore, non è stato raggiunto il culmine della fama: in realtà, si sta uscendo solo dalla fase embrionale e prospettive sono molto positive. Il futuro sarà roseo!  

Enrico Gobino, direttore marketing di Mgm Mondo del Vino, ha imperniato il discorso sul palco del “Pala Alba Capitale”, supportato da un filmato, sul tema del “Racconto”. Ha iniziato ricordando come appena trenta anni fa Alfeo Martini abbia fondato, partendo da zero, quella che oggi è una componente molto significativa di uno dei principali gruppi enologici italiani, la quale da quattro lustri ha trovato casa anche in Piemonte, a Priocca. Ed è qui che è stato creato un museo aziendale ipertecnologico per la narrazione della storia di questo straordinario prodotto di cui nel mondo si trovano tracce risalenti a 5-6.000 di anni fa. Nella struttura ovviamente si parla anche di Mondo del Vino, con un approccio molto inclusivo. È stato pensato un percorso accessibile a tutti, con informazioni volte non soltanto a educare, ma anche a creare cultura e far apprezzare il bello e il buono.

L’imprenditore ceko Miroslav Lekes, promotore del progetto Réva a Monforte d’Alba, ha terminato il programma dell’evento “La Forma del Vino”, disquisendo riguardo all’“Attrattività”. Sono state la bellezza dei paesaggi e la qualità dei prodotti qui realizzati a far nascere in lui l’idea di creare un’azienda, investendovi capitali significativi. L’unica fugace recriminazione è venuta da un accenno alla burocrazia italiana, subito superata sottolineando il successo ottenuto, dopo il suo arrivo in Langa, negli àmbiti gastronomico, enologico e turistico, suffragato dagli ottimi rapporti allacciati con gli altri produttori di vino. Se si investe sul territorio, se ne avvantaggia la collettività, perché se uno cresce, crescono anche gli altri. Di qui l’appello finale in inglese, considerata la trasmissione in diretta streaming, per sollecitare i possibili investitori stranieri in Langa a superare gli indugi, perché sono il momento e i luoghi giusti per farlo.

Miglior chiusura per l’appuntamento voluto da Confindustria Cuneo per le iniziative di Alba Capitale della Cultura d’Impresa non poteva esserci.

 

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