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Ecco il mio piccolo mondo albese

panorama alba

LETTERA AL GIORNALE I miei ricordi da bambino in Alba sono di una sala sempre rannuvolata dal fumo degli ospiti, il panno verde con le carte ricamate per le lunghe serate di gioco, il menta e orzata nei lunghi bicchieri a cilindro e gli improbabili “presenti” di chi veniva a visitare i nonni, che spaziavano da liquori oramai estinti a cioccolatini altrettanto bizzarri, senza contare i vari ammenicoli decorativi, dai posacenere in peltro agli arlecchini in coccio e stoffa.

Nella casa in corso Piave c’era un melange variopinto, una via di mezzo fra una Versailles in miniatura e il circo degli Orfei. La nonna amava i colori e il suo ciondolo preferito era un medaglione argentato, con una piramide e il viso di un faraone. Lo sentivo appropriato!

Ogni sera venivano ospiti, in coppie, e le partite a carte non finivano mai. Nonno brontolava a ogni mano, mentre stava silenzioso quando le carte erano buone. Nonna brontolava al brontolare del nonno, dandogli del musone e toccandolo di gomito. Gli ospiti se la ridevano.

La casa era un piccolo ecosistema, visitato da amici e parenti, ognuno con la sua storia, così che ogni racconto si ricollegava a un altro, al pari delle volute di fumo delle sigarette. Giorno dopo giorno si intesseva nella mia mente il quadro del piccolo mondo albese, fatto di persone più o meno simpatiche e più o meno strane, ognuna con i suoi problemi e fatti buffi.

Gli ultimi tempi queste visite serali erano sempre più rade e i nonni ne erano intristiti. C’era la televisione a compensare, con i documentari degli animali, adorati dalla nonna e mal sopportati dal nonno, che li trovava uguali; e il circo su Rai 3, adorato dal nonno e mal sopportato dalla nonna, perché gli acrobati le facevano paura e i pagliacci, con quelle teste lunghe, un po’ pena e un po’ stranezza.

Presi da questa atmosfera di insolita inattività che aleggiava per la casa, i cari nonni si lanciavano nel passare il bianco dappertutto, con il rischio di schiantarsi da qualche scala malconcia a ottanta e più anni, nel trasformare il giardino in una specie di foresta con le ruote (nonno andava fiero delle sue “piante a rotelle”), nel corazzare il terrazzo di vetrate, dare l’antiruggine a qualunque cosa, a cadenza pressappoco quotidiana.+

Con il passare dei decenni, gli ospiti di un tempo o morivano o rimanevano malmessi o, peggio, perdevano il senno. «Sembra la ritirata di Russia!», diceva il nonno, e infatti di amici vagamente sani ne rimanevano pochi, mentre i nonni, sconcertati, si scoprivano sempre più vecchi.

Diversi altri anni sono passati e ora non dubito che i miei cari si trovino in un luogo assai felice, in cui possono continuare a verniciare, trapanare, brontolare, giocare a carte senza fine e pure bersi orzata a oltranza. Quel mondo variopinto di estemporanei amici cui le porte di casa erano sempre aperte mi resta ancora impresso e non c’è niente di quanto vivo adesso che mi ricordi quei tempi vivaci.

È cambiato il mondo o sono diverso io? I primi tempi della mia nuova-vecchia casa ero entusiasta di rivivere un mondo simile a quello già vissuto. Ricordo che da subito riempii il frigo di ogni amenità, ma presto mi ritrovai a preparare orzate (o, meglio, le loro versioni “moderne”) ma solo per me.

C’è una realtà in continuo cambiamento nelle nostre vite. Non riguarda la ricchezza o i grossi movimenti economici e commerciali, ma i tempi e i modi della vita quotidiana. La società è varia e si trasforma, non ce ne accorgiamo perché ne siamo all’interno. I medesimi rapporti di amicizia evolvono, i legami si fanno differenti e a volte assenti. Di chi è la colpa? La lobby degli orologi fa ticchettare il mondo sempre più in fretta…

Francesco Barbero, Alba

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