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The way: conclusa la prima tappa della performance di Lorenzoni

LA PERFORMANCE Lo scorso 25 aprile è iniziata ufficialmente la terza fase del progetto artistico multidisciplinare This must be. La terza tappa, denominata The way, indica la strada che Claudio Lorenzoni, direttore del museo a cielo aperto di Camo, vuole percorrere (sempre di corsa) per rinascere e tornare verso le sue origini. La prima delle quattro ultra maratone in giro per l’Italia si è svolta a Castelbolognese (Ravenna), in occasione della ultra 50 km di Romagna «il cui territorio percorso è stato il trampolino per raccontare la sua nuova storia».

L’iniziativa prende spunto dai racconti tramandati a Lorenzoni secondo cui la sua famiglia, a inizio Novecento, come quasi tutte le famiglie nell’Appennino tosco-romagnolo, era dedita all’allenamento dei bachi da seta. Una procedura meticolosa che si concludeva con la vendita ai mercati di Ravenna e Firenze: Mete raggiunte ovviamente a piedi. L’artista torinese, correndo, vuole rivivere la fatica di quegli attraversamenti scegliendo come simbolo del progetto il ciclo vitale della farfalla emblema per eccellenza della rinascita e rigenerazione.

In queste quattro tappe Lorenzoni cercherà di ricostruire un nuovo album di famiglia attraverso collage di foto personali, donategli da amici, parenti o sconosciuti, scritti e fotografie. Le sensazioni, le emozioni, le immagini del proprio paesaggio interiore verranno condivise con gli artisti invitati al progetto che dialogheranno, parallelamente alle performance, in condivisione con i loro rispettivi canali.

La prima artista a interagire durante le cinque ore di corsa dell’artista torinese è stata la poetessa Valentina Cei che lo scorso 25 aprile ha fatto una maratona di scrittura con l’obiettivo di esplorare il tempo. Mentre Lorenzoni si dedicava allo spazio, la scrittrice sarda fermava lo scorrere del tempo quotidiano entrando in un fortino risalente alla Prima Guerra Mondiale, all’interno del quale portava una sedia e una marionetta di legno, una fettuccia di cotone lunga venti metri e una penna, cinque bachi da seta, al quarto stadio della loro mutevole esistenza. Per distaccarsi dal tempo, ha scelto luoghi che mettessero in contatto la sua immaginazione coi temi della giornata e più in generale del progetto, che vedeva come una serie di contrapposizioni.

Il ritmo della scrittura a mano ha aiutato il processo di stesura dei pensieri, permettendole di suddividere questa prima parte dell’opera in due momenti: sul verso della fettuccia sta una specie di preambolo all’opera, mentre sul retro stanno i pensieri staccati, seguiti uno dall’altro, in rapida successione, come fossero aforismi sul tema che hanno via via liberato la marionetta dalla fettuccia riposta come prima dell’azione performativa. Entrambe aspettano che lei le riprenda, per la seconda fase del progetto, in cui la marionetta di nuovo verrà imbozzolata e sbozzolata, a simbolo delle successive mute del baco, fino al compimento dell’opera e delle maratone.

Il secondo artista chiamato in causa è stato Bruno Biddau, che sempre durante la festa della Liberazione, ha fotografato con una macchina per foto istantanee (Polaroid e Fuji) gli oggetti trovati per caso da Lorenzoni durante gli allenamenti (pupazzi, carte da gioco, portachiavi), creando dei mosaici per poi decontestualizzarli e ricostruirli con sequenze e collage ridando un impronta astratta ma riconoscibile. Il progetto si ispira al poeta tedesco Rilke e si sforza di fare i conti con ciò che era e non è più, con l’operazione del ricordare. Bruno cerca di codificare come “tempo perso” l’oggetto ritrovato. Un tempo perso prezioso che ci permette di tornare indietro, dal di dentro, a ciò che si era e a ciò che costituiva ‘l’intorno’ a noi, considerandolo appunto non più uno spreco di tempo ma la possibilità di convertire le esperienze esteriori in esperienze interiori.

Gli scatti di Bruno agli oggetti perduti da altri e ritrovati da Lorenzoni vogliono trasformare l’ambiente in cui si vive in boschi di segni interiori, di custodire il «profumo» del tempo e delle cose che l’hanno costituito, lasciando entrare quell’odore d’invisibili e persistenti cose che si faranno spazio nell’immenso edificio del ricordo. In questo senso, le cose perdute da qualcuno che non conosciamo (e ritrovate da qualcun altro), sviluppano una loro fosforescenza, un emergere di luci soffuse che raccontano tracce della vita di una soggettività. E se Lorenzoni è stato attratto da questa brillantezza tanto da fermare il suo passo e raccogliere l’oggetto (e portarlo con se per il resto del tragitto) Bruno ha seguito la luce trovando il giusto metodo e la retta via.

La prossima tappa sarà la Cento chilometri del Passatore, in programma per il 21 maggio. Un ultra maratona con partenza da Firenze e arrivo a Faenza.

Lorenzo Germano

 

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