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Una spollonatura con minor spesa e più sostenibile

Una spollonatura con minor spesa e più sostenibile

NOCCIOLO Esiste quella chimica, la fisica e la manuale: tante declinazioni per una sola operazione, la spollonatura. Parlare delle diverse tecniche per eliminare i fusticelli generati, a primavera, dalle gemme dell’apparato radicale del nocciolo, significa mediare fra due esigenze: spesa e sostenibilità. Delle soluzioni parliamo con Maria Corte, ricercatrice di Agrion, ente regionale di ricerca per lo sviluppo agricolo. «Gli interventi iniziano dopo la fase di allevamento della pianta, che perdura anche fino al quinto anno di vita. Prima si compiono operazioni manuali di potatura, per selezionare i fusti e impostare l’albero». Con l’accrescimento della chioma e l’entrata in produzione iniziano gli interventi veri e propri: «Se ne esegue più di uno nel corso della stagione vegetativa. Il vigore del ricaccio varia in base alle caratteristiche del terreno: l’ombra prodotta dagli esemplari adulti è un fattore limitante».

I modi per intervenire sono diversi: il taglio a raso con le forbici è il più datato ed efficace ma richiede molti addetti, «specie su superfici ampie. Sono stati sperimentati anche dei dischi da adattare ai decespugliatori ma non funziona con tutti gli esemplari: è più semplice nel caso di alberelli con un solo fusto». Ancora più efficace, ma egualmente esigente, in termini di tempo, è «la zappatura dei polloni, che li riduce eliminando l’apparato radicale». Per queste ragioni, fra le soluzioni più diffuse, per le aziende con grandi superfici, rimangono i prodotti spollonanti: «Si tratta di formulati chimici che bruciano le foglie dei polloni, inibendo la fotosintesi. Vanno utilizzati quando i polloni non superano i 20 centimetri d’altezza e non sono legnificati». Per ridurre l’impatto ambientale, i preparati di nuova generazione «non hanno più un effetto translaminare, come era per i precedenti»: in altre parole la sostanza non viene assorbita dalla foglia ma agisce per contatto. «Si eseguono fino a tre passaggi, in campo, con cadenza mensile da aprile».

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polloni trattati con spollonante

La chimica però non è sufficiente: terminata la raccolta «sono comunque eliminate manualmente le parti lignee disseccate». Se lasciati crescere senza interventi, i polloni non sottraggono nutrimento alla pianta, «ma intralciano il rotolamento dei frutti fuori dai cespugli, durante la raccolta, con perdita di prodotto».
Per ovviare al monopolio della chimica sono state sperimentate alcune alternative: fra queste il pirodiserbo, cioè l’impiego di una fiamma alimentata a Gpl o metano direttamente sui polloni allo stato erbaceo: «I fusti sono “bruciati” dal fuoco e non crescono. L’effetto però dura dieci giorni in meno rispetto ai disseccanti», riprende Corte. «E non sappiamo ancora se lo shock termico abbia delle ripercussioni anche sull’albero. L’attrezzatura poi, trasportata a carrello da un operatore, è difficile da adattare a un mezzo meccanico, anche per orientare la fiamma in modo che non raggiunga anche parti utili della pianta».

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spollonatura con disco da taglio montato su decespugliatore

Risolutiva potrebbe essere l’opzione di creare piante con «portinnesto non pollonifero: le prove sono in corso. I costi degli esemplari potrebbero aumentare e occorrerà allevarli in monocaule, cioè ad alberello», un’opzione alla quale gli agricoltori preferiscono l’impostazione con più pali, indicata per fronteggiare i danni dovuti alle nevicate in grado di spezzare alcuni fusti; dall’altra parte, però, «questi noccioli eviterebbero l’onere della spollonatura».

Davide Gallesio

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