Angelo Bendotti, le canzoni partigiane Nel segno di Fenoglio

Angelo Bendotti, le canzoni partigiane Nel segno di Fenoglio

STORIA Domenica 8 maggio, nell’ambito del festival Ën-pi si è svolto, al palazzo mostre e congressi Giacomo Morra di Alba, un incontro sulla musica partigiana. La discussione ha preso spunto dal libro di Angelo Bendotti Nel segno di Fenoglio. Insieme all’autore, sono intervenuti la storica dell’Istoreto Chiara Colombini, l’etnomusicologo Jacopo Tomatis, il biografo di Fenoglio Piero Negri Scaglione, la direttrice del Centro studi Bianca Roagna e, come moderatori, Carlo Borgogno e Massimo Bergadano.

Dice Bendotti, storico dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Bergamo: «Ho iniziato ad amare Fenoglio da ragazzo, quando ebbi la fortuna di essere tra i primi lettori di Una questione privata. Il libro è un ringraziamento e omaggio un po’ fuori dai canoni: ho intrecciato fonti storiche e letterarie, per offrire spunti di riflessione su quanto lo scrittore albese fu efficace nel comunicare la Resistenza, nobilitandola pur mostrandone aspetti meno eroici» racconta.

Nel libro dedica ampio spazio alla musica partigiana. Esiste un inno alla Resistenza?

«Ne abbiamo parlato anche durante il convegno, il vero inno di tutte le formazioni è Fischia il vento, scritto dal partigiano Felice Cascione sulla musica della Katiuscia. Fenoglio ne parla in occasione della fucilazione di alcuni garibaldini. Alcuni versi che potevano sembrare troppo duri hanno portato a imporsi, come canto resistenziale per eccellenza, Bella ciao. Un brano che va bene un po’ per tutte le occasioni, come per l’elezione del sindaco di Milano o il Covid-19: il messaggio che veicola è neutro. Diverso il discorso, invece, per Pietà l’è morta di Nuto Revelli. Negli anni successivi, la prosecuzione dei valori resistenziali si ritrova in Contessa di Paolo Pietrangeli».

Qual è la forza dei romanzi di Beppe Fenoglio?

«Come affermato da Luigi Meneghello in un convegno ad Alba, “Fenoglio è stato l’unico a interpretare e raccontare lo straordinario e il vero”. Ho usato la citazione come sottotitolo per il mio libro. Grazie a Beppe non stabiliamo la data e l’ora degli avvenimenti, ma capiamo cosa sono stati davvero. Penso, ad esempio, alla battaglia di Valdivilla. Nei miei testi ho sempre ragionato sulla complessità rappresentata dalla Resistenza che, come ci insegna Fenoglio, non va liquidata con un filo di retorica. Egli ne raccontava i lati meno nobili e belli, i disagi, gli errori e i cedimenti».

Che differenza c’è tra i luoghi della Resistenza nelle Langhe e nella Bergamasca?

«Essere in montagna vuol dire muoversi in un ambiente freddo e ostile, che non permette di passare notti all’addiaccio. Allo stesso tempo, hai più possibilità di rifugiarti. In collina, come narrato da Fenoglio, i protagonisti sono la pioggia, il fango e la nebbia. “L’inverno è notoriamente fascista” proprio perché cadono le foglie e diventa più difficile nascondersi».

Davide Barile

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