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Attratti da una guida senza interessi di bottega

PENSIERO PER DOMENICA – QUARTA DI PASQUA – 8 MAGGIO

La quarta domenica di Pasqua è dedicata al buon Pastore. Le letture sono apparentemente diverse tra loro. La prima (Atti 13,43-52), ci ricorda un passaggio chiave della missione di Paolo e Barnaba ad Antiochia di Pisidia: in seguito al rifiuto dei Giudei, l’annuncio del Vangelo ai pagani. Nell’Apocalisse (7,9-14), abbiamo la visione dei salvati grazie al sangue dell’Agnello: «una moltitudine immensa di ogni nazione, razza, popolo e lingua». Nel Vangelo (Gv 10,27-30) c’è la similitudine del buon Pastore.

Il buon Pastore è Gesù, con un preciso stile di azione: chiama tutti, senza esclusioni. Mentre i Giudei pensavano di essere gli unici destinatari della salvezza, o almeno i privilegiati, Gesù rivolge il suo messaggio a tutti, conosce e chiama tutti per nome. È in grado di offrire una salvezza totale, fatta di perdono dei peccati – le vesti candide dei salvati dell’Apocalisse – di sicurezza anche materiale («Non avranno più fame, né sete… perché l’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita») e soprattutto di comunione con Dio. Gesù è un pastore unico. Diversamente da quanto fatto da sempre dagli uomini che hanno allevato pecore a proprio beneficio, Gesù si presenta come il buon Pastore che dà la vita per le sue pecore.

Attratti da una guida senza interessi di bottega
Il buon Pastore, da un mosaico risalente al Quarto secolo, Aquileia, basilica del Vescovo.

Anche noi abbiamo bisogno di un buon Pastore. Abbiamo bisogno di una guida rassicurante, di una meta alta, perché chi si chiude in difesa dei propri “interessi di bottega” si condanna all’insignificanza. Abbiamo bisogno di coesione e solidarietà. Efficacissima l’immagine nell’Apocalisse della grande tenda sotto cui tutti i salvati possono trovare protezione e riparo. La salvezza è dono di Dio, ma ci si salva solo insieme.

Come camminare dietro il buon Pastore? Si cammina se c’è una meta, una speranza, perché camminare è fatica. La sofferenza è un passaggio obbligato per tutti. Ma la stessa sofferenza può essere principio di risurrezione e vita nuova. Dietro a Gesù si cammina senza escludere: tutte le letture sono pervase da una duplice tensione, tra chi vuole l’annuncio solo per sé e chi come Paolo è pervaso dall’ansia di annunciare il Vangelo a quanta più gente possibile. La vocazione cristiana è di includere, con lo stile, i tempi e la pazienza di Gesù: il contrassegno del buon Pastore è questo. Le difficoltà odierne, per quanto grandi non sono inferiori a quelle che hanno dovuto affrontare i primi annunciatori. L’importante è non scoraggiarsi e imparare a raccontare Gesù con gesti, sguardi, fantasia, capacità nuova di incontrare la gente.

Lidia e Battista Galvagno

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