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Lo sguardo più lungimirante di chi cerca in alto

PENSIERO PER DOMENICA – ASCENSIONE DEL SIGNORE – 29 MAGGIO

Eventi come l’Ascensione di Gesù non sono narrabili con parole umane. Alla luce delle scoperte astronomiche, “salire al cielo” non può intendersi in senso fisico, ma umano e spirituale: Gesù, dopo la vita terrena e il miracolo della risurrezione è entrato in un rapporto nuovo col Padre e con noi. Anche nell’esperienza umana si può essere in comunione d’amore con una persona cara senza sapere dov’è fisicamente.

Lo sguardo più lungimirante di chi cerca in alto
Ascensione, miniatura del XV secolo, dal manoscritto Les tres riches heures (Museo Conde di Chantilly).

L’Ascensione inaugura un nuovo modo di avvicinarci a Dio. Ce lo indica la lettera agli Ebrei (9,24-28.10,19-23): «Accostiamoci con cuore sincero… manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza». La dimensione fisica dell’incontro lascia il posto a un rapporto segnato da sincerità del cuore, rettitudine di coscienza, speranza. Il Risorto, asceso al cielo dopo aver condiviso la nostra umanità, si fida di noi e ci responsabilizza. Luca, il cantore dell’Ascensione negli Atti (1,1-11) e nel Vangelo (24,46-53), insiste: «Sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria fino ai confini della terra». Il tempo della Chiesa non è pianto per un assente, né illusoria attesa, ma la testimonianza operativa che il suo messaggio è salvezza per tutti. Per questo il Vangelo non ha confini: nello schema spaziale di Luca – da Gerusalemme ai confini della terra – c’è la convinzione che l’annuncio deve estendersi a tutti e a tutto il mondo.

L’Ascensione suggerisce un nuovo modo di pensare l’uomo. Il Risorto ha portato in Dio la nostra umanità: per questo noi possiamo vivere in comunione con lui. Il divieto di entrare nel tempio, simbolo della distanza di Dio, non c’è più; «abbiamo piena libertà di entrare nel santuario». Questo fonda la speranza e la missione. L’universo è un dono che Dio ha affidato alla nostra responsabilità, perché tutti possano goderne i frutti. In un momento in cui la scelta vincente sembra essere costruire muri per difendere un benessere comunque precario, guardare a Cristo asceso al cielo significa uno sguardo più lungimirante: “cercare oltre” le soluzioni.

Celebrare l’Ascensione è credere che c’è un diverso modo di risolvere i problemi. L’Ascensione introduce una nuova dimensione nella vita e nella valutazione dei problemi: dallo schema orizzontale a quello verticale. Chi ama le parole incrociate sa bene che spesso solo l’incrocio tra le due dimensioni permette di chiudere il gioco: quando non “viene” in orizzontale, si prova in verticale. Succede così anche nella vita umana e cristiana. La linea dell’Ascensione è quella verticale: in genere non si comincia da quella, ma spesso, quando la si adotta, è risolutiva.

Lidia e Battista Galvagno

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