IL LIBRO Da martedì 10 maggio è disponibile on-line e nelle librerie il romanzo Negli occhi di Luna, i falò, nato dallo scrittore per ragazzi Luigi Dal Cin in collaborazione con l’editore Rizzoli e la fondazione Cesare Pavese. Il progetto, partito più di un anno fa, vuole avvicinare i più giovani alle opere dello scrittore piemontese con la brillante scrittura dell’artista ferrarese. Luigi Dal Cin, vincitore del premio Andersen nel 2013, è autore di oltre cento libri di narrativa per ragazzi e insegna scrittura creativa all’Accademia di belle arti di Macerata e tecniche di scrittura alla Scuola Holden di Torino. Abbiamo parlato con lo scrittore del suo nuovo libro, che riprende il mondo pavesiano del celebre romanzo La luna e i falò.
Come è nata la collaborazione con la fondazione Cesare Pavese?
«Tutto è partito da una richiesta che mi ha fatto la fondazione: scrivere un racconto che potesse avvicinare i ragazzi all’opera di Pavese. Parlando poi a più riprese con il direttore Pierluigi Vaccaneo abbiamo valutato che l’idea avrebbe potuto avere il respiro del romanzo. Abbiamo allora pensato di coinvolgere l’editore Rizzoli che fin da subito si è dimostrato entusiasta del progetto. Da quel momento è iniziato il mio lavoro di ricerca e studio della figura e dell’opera di Pavese che ha portato all’ideazione e a varie fasi di scrittura del romanzo, un lavoro che è durato quasi un anno».
Che rapporto ha avuto Cesare Pavese nel suo percorso artistico?
«Ideare e scrivere questo romanzo è stata per me un’occasione per immergermi nelle tematiche delle opere di Pavese, nei suoi miti, nella sua vita. Nel suo costante desiderio di mettere la vita nella scrittura. Un’immersione profonda, totalizzante, che mi ha portato a uscire da me stesso: innanzitutto per poter prendere il punto di vista di Cesare Pavese. Poi per poterlo esprimere nelle sue ricche sfaccettature, per affinità o per contrasto, attraverso i differenti punti di vista dei miei personaggi: ciascuno con un proprio carattere e una propria voce. E poi c’è stata la questione del linguaggio: per scrivere Negli occhi di Luna, i falò ho utilizzato uno stile che vuole rispecchiare la ricerca pavesiana di un linguaggio vivo, vicino al parlato. E come Pavese ha preso a riferimento la letteratura americana del suo tempo – in cui appunto lo stile nasceva dalla lingua parlata – così, con le stesse finalità, ho cercato di prendere a riferimento la letteratura americana del nostro tempo. Ho giocato infine a far pronunciare inconsapevolmente ai miei personaggi, a seconda del carattere di ciascuno, citazioni tratte dalle opere di Pavese in contesti spiazzati rispetto all’originale».
Che cosa trova Anguilla al suo ritorno nelle Langhe?
«Anguilla torna al paese della sua infanzia dopo alcuni anni trascorsi in America, dove si era trasferito a causa del lavoro del padre. Il profumo dei tigli è sempre lo stesso, e anche le colline, le rive, le vigne, i boschi, sembrano gli stessi, come fossero rimasti immobili ad aspettare un suo ritorno. Eppure, ormai adolescente, gli sembra tutto diverso. Anguilla si sente invisibile. Agli occhi del padre, concentrato solo sullo studio e la carriera. E anche a quel paesaggio, che può godere solo dalla finestra nelle ore passate a recuperare una materia di scuola. E teme di esserne ormai definitivamente escluso. L’unica che riesce a vederlo – nonostante abbia perso proprio la vista – che sa leggere i suoi desideri e ne intuisce il destino è la nonna. Ma poi arriva Luna, ragazza magica come la natura che abita, che gli farà riscoprire i miti della sua infanzia e il rapporto con i vitali elementi naturali. Alla fine il cammino di crescita di Anguilla conquisterà quell’approdo alla riva della vita che Pavese ci ha indicato e che ha tentato di raggiungere senza riuscirci: l’unificazione di gesto e parola (‘Non parole. Un gesto’ aveva annotato Pavese nell’ultima pagina del suo diario), di vita e scrittura (‘Non scriverò più’ sono le ultime parole del diario). Alla fine Anguilla si immergerà nel fiume, metafora di rinascita, e troverà il coraggio di trasformare la passione per i libri e la scrittura in vita».
Che ruolo giocano gli elementi della luna e dei falò in questo libro?
«Fin da subito mi è stata chiara la strada da percorrere: non sarebbe stata né quella di una riduzione de La luna e i falò che avrebbe sminuito un capolavoro, né tanto meno quella di una sua pretenziosa rielaborazione. Ho cercato invece di realizzare un romanzo d’avventura e formazione che avesse una propria identità, dei propri personaggi, una propria trama, un proprio linguaggio, un proprio valore insomma ma che, nel contempo, potesse anche fare da ‘ponte’ alla lettura di un grande classico. Ho trascorso un periodo a Santo Stefano Belbo e sono stati giorni molto intensi e importanti, per me e per il romanzo: vivere i luoghi de La luna e i falò, camminare sulle colline di Cesare Pavese, lungo le rive del suo fiume, tra le vigne, nei boschi. E così, nel mio romanzo, le tematiche del romanzo ci sono tutte: l’identità, l’appartenenza, il recupero dell’infanzia, l’immersione panica nella natura, il mito, il rapporto tra scrittura e vita, il sogno americano, la figura femminile, la città, le Langhe, i libri. Le ho volute metabolizzare, attualizzare e offrire ai ragazzi, come un dono prezioso. Come Pavese lo è stato per me».
Lorenzo Germano