Oltre trecento i contributi arrivati dal popolo di Dio

Oltre trecento i contributi arrivati dal popolo di Dio
Anna Maria Tibaldi, Marco Brunetti e Battista Galvagno ad Altavilla.

CAMMINO SINODALE Come sintetizzare in dieci pagine il contributo di 220 gruppi sinodali e di oltre 100 risposte individuali al questionario on-line proposto da Gazzetta d’Alba? Come presentare il risultato di questo lavoro di lettura, ascolto, discernimento? Ecco la sfida della prima assemblea sinodale, il 20 maggio ad Altavilla.

L’assemblea è partita col saluto del vescovo che ha comunicato ai delegati le risonanze del recente incontro svoltosi a Roma, da cui è emerso che il Sinodo ha coinvolto tutta la Chiesa italiana, in un clima di speranza, frutto di una chiara consapevolezza della gravità del momento, ma senza i toni mesti della rassegnazione o quelli accesi della rivendicazione. C’è invece un clima di ascolto dello Spirito.

Anche nell’assemblea diocesana si respirava un’aria di attesa: ognuno dei partecipanti aveva offerto il suo contributo; molti dei delegati avevano fatto parte di più gruppi. Dopo il doveroso ringraziamento, per bocca di Anna Maria Tibaldi, referente diocesana insieme a don Piero Racca, si è passati al discernimento dei vari contributi: un primo tentativo di ascolto-riflessione su quanto emerso, sia relativamente all’analisi della situazione che agli orizzonti futuri. È emerso chiaro il disagio delle nostre comunità. Come sempre il negativo fa più notizia. Esiste ancora il senso di appartenenza da parte dei praticanti anziani, ma emerge l’impressione di una Chiesa “istituzionale” appesantita, invecchiata, culturalmente in ritardo nell’affrontare mentalità e cultura contemporanee, dal linguaggio obsoleto, segnata da rigidità e scarsa apertura. La Chiesa, giudicata per lo più accogliente da chi partecipa, appare poco o nulla accogliente per chi ne è fuori, escludente per chi è in situazioni “irregolari” o di diverso orientamento sessuale.

Le parrocchie tendono a modellarsi sulla figura del parroco, visto però più come burocrate che pastore, preso da incombenze burocratiche che oscurano il suo ruolo di pastore e guida spirituale. Di fatto, il prete ha ancora il concreto “potere” a volte di stravolgere la comunità in cui arriva. Di qui la richiesta di coinvolgere le comunità sia nella pastorale ordinaria, sia in relazione ad accorpamenti tra parrocchie, unità pastorali, trasferimenti di parroci. La gente ha bisogno di un pastore che cammini insieme, non di un comandante solitario.

La preoccupazione più generalizzata è per l’assenza dei giovani, per l’abbandono quasi automatico dopo la Cresima. La voce dei giovani – ma anche dei ragazzi e dei bambini – è giunta grazie ai gruppi sinodali avviati dai docenti di religione nelle scuole. La Chiesa cattolica, tranne pochi casi, non interessa né come istituzione né come luogo di condivisione di fede: interessava da “piccoli” come luogo di ritrovo, di gioco e relazioni; oggi come adolescenti e giovani ci si ritrova per lo più in altri luoghi, più aperti e meno vincolati. Permangono e sono apprezzati i movimenti e le associazioni.

La liturgia si identifica con la Messa, ormai l’unica preghiera comunitaria e spesso anche personale. Le omelie sono un punto dolente: pochissimi gli apprezzamenti. Gli aggettivi più ricorrenti sono: non preparate, lunghe, astratte. La liturgia ormai non parla più, in particolare ai giovani: le nostre celebrazioni usano un linguaggio desueto e non sono capaci di coinvolgere. Più voci hanno chiesto un coinvolgimento dei laici, almeno nella preparazione. Non a caso, tra le attese più forti c’è il ripartire dalla Parola: l’attesa di omelie incentrate sui testi biblici, la voglia di ritrovarsi attorno alla Bibbia, il bisogno di persone che sappiano spiegare la Scrittura.

Note positive dai contributi dei gruppi di catechisti, che mostrano fiducia e speranza di ripresa, accanto al desiderio di formazione; in qualche caso segnalano anche sperimentazioni efficaci e originali, che coinvolgono i ragazzi attraverso l’arte, il teatro, la musica, l’attualizzazione della Parola. Certo il catechismo assorbe molte energie delle comunità. C’è chi parla di tempo ed energie “buttate”, considerando i frutti a lungo termine. Ma altre voci sottolineano che la catechesi è un momento di semina e non si può pretendere di raccogliere i frutti.

Per continuare il cammino e in preparazione all’assemblea del 19 giugno che dovrà scegliere, attraverso il lavoro di gruppo, alcune piste di ricerca da percorrere il prossimo anno, siamo invitati a leggere, sul sito della diocesi, il testo della sintesi finale e a ritrovarci come gruppi sinodali. «Il Sinodo», ha ricordato il vescovo Marco, concludendo l’assemblea, «è ancora quasi tutto da fare e da fare insieme».

 Battista Galvagno

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