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Prezzi in incremento: il grido d’aiuto di persone e imprese

Prezzi in incremento: il grido d’aiuto di persone e imprese

IL REPORTAGE Adele deve fare un’ecografia, perché ha un dolore all’addome. Il suo medico le ha spiegato: «Nel dubbio meglio prenotare subito, non perdiamo tempo». Ma la lista d’attesa nel servizio pubblico  è troppo lunga: così, Adele deve spendere quasi 150 euro in un centro sanitario privato ed è preoccupata per l’esborso. La sua carta di credito è quasi vuota; dice di avere soltanto più 500 euro sul conto corrente. Per fortuna è quasi fine mese, lo stipendio arriverà a giorni e la giovane potrà tirare un sospiro di sollievo. 31 anni, un lavoro da commessa in un negozio di abiti in centro, ad Alba, Adele ha una figlia di due anni. Suo marito Mattia, che lavorava in una ditta di confezionamento, a novembre è stato licenziato. L’uomo, 32 anni, dice di preferire la disoccupazione, visto che «nell’azienda in cui lavoravo mi spaccavo la schiena per nove ore al giorno, guadagnando poco più di 900 euro, senza nessun riconoscimento, tanto che arrivavo a casa stressato e malinconico. Meglio il sussidio, allora: in questo modo posso conservare un minimo di serenità da condividere con la famiglia».

FACCIAMO I CONTI

Mattia e Adele possono contare su entrate pari a poco più di duemila euro al mese, ma con l’aumento dei prezzi d’inizio anno rimane ben poco da scialacquare. Prima avevano sempre un residuo di 200 o 300 euro, che consentiva un minimo di sicurezza: oggi quel margine si è azzerato. C’è l’affitto da 600 euro al mese, 100 euro di bollette, circa 500 di prodotti alimentari, 400 euro tra spese di benzina e manutenzione dell’automobile, 200 euro per il finanziamento della macchina, le spese per il cellulare, per le poche uscite mensili, per le medicine e gli imprevisti. La famiglia non fa una vacanza da quattro anni. Spiega Adele: «La sensazione di vivere sull’orlo di un precipizio è aumentata, ma non ci facciamo demoralizzare. Speriamo che arrivi presto un  futuro migliore. Ma non tutte le famiglie possono contare su riserve di ottimismo come noi. Molte persone sono prese dallo sconforto. È difficile pensare a pianificare il futuro in un clima di questo tipo».

TROPPO PRECARIATO

Non solo i giovani, pure le generazioni più anziane faticano. Gli ultimi dati parlano di una realtà sempre più difficile. La guerra e le incertezze economiche rendono le vite individuali e familiari sempre più precarie. Sebbene in contesti ostili le persone possano trovare ripari emotivi e solidità inedite, il futuro appare incerto. Partiamo dal mondo del lavoro. Il sindacato Uil ha comunicato che nel 2021 il 99,3% dei contratti attivati in Piemonte era precario, a breve o a brevissimo termine. La Cgil, invece, ha rilevato con un questionario realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerca Ismel, che il 44% dei lavoratori intervistati fatica ad arrivare a fine mese.

INFLAZIONE RECORD

A fine aprile, inoltre, Confartigianato Piemonte spiega – nel dossier Ultime tendenze su inflazione al consumo e prezzi delle imprese, nel contesto del caro commodities – che un’inflazione da record sta investendo imprese e famiglie. La percentuale è passata dallo 0,5% di febbraio 2021 al 5,1% dello stesso mese di quest’anno, con un incremento netto pari al 4,6%. Nella sola provincia di Cuneo si registra un +4,3% (da 0,6% a 4,9%). La maggior parte dell’aumento dei prezzi deriva con ogni evidenza dai beni energetici, che a febbraio di quest’anno hanno segnato un incremento del 23,9% rispetto allo stesso mese dell’anno appena concluso, passando dal -0,7% del 2021 al +23,2% del mese in corso. In seconda posizione i trasporti, cresciuti del 9,4% (da -0,3% a +9,1%). Terza posizione per gli alimentari, che segnano rialzi del 3,9%, passando dallo 0,2 al 4,1%. È in quarta posizione la ristorazione, che ha riallineato i prezzi del 2,4%; seguono mobili/arredamento con +2,4%; i servizi relativi all’istruzione segnalano +2,2%, la sanità +1,7%, i prodotti della comunicazione +0,5%, l’abbigliamento e le calzature +0,4%. Gli unici settori a non aumentare sono quelli degli spettacoli (-0,3%), l’alcol ei tabacchi (-1,3%).

STIPENDI DA FAME

A fronte di questi rialzi, gli stipendi però rimangono gli stessi. Ricercando sul portale di offerte di lavoro In deed.com, nella Granda i salari si aggirano attorno ai 1.200 euro al mese per i commessi di punti vendita di vestiti o negozi alimentari; tra i 1.200 e i 1.500 euro per un impiegato; stessa cifra per un cameriere di sala (con punte minime attorno ai mille euro); si offrono dagli 800 ai 1.300 euro per un animatore turistico in villaggi o navi da crociera e 1.400 euro per un meccanico. Trattandosi di mansioni a tempo pieno, è evidente la sproporzione tra la richiesta di energie da investire e il contraccambio offerto (stipendi bassi, sufficienti a malapena per la sopravvivenza). È il segno di un mondo che non valorizza la vita, non spinge le persone a godere del tempo ma le costringe a essere sfruttate.

PANDEMIA ECONOMICA

Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Piemonte, ha spiegato a Gazzetta d’Alba: «L’inflazione è la nuova pandemia economica alla quale si deve dare una rapida risposta. Assistiamo a un fenomeno molto critico: anche in provincia di Cuneo la manifattura mostra segni di sofferenza e l’edilizia – dopo un periodo positivo, grazie ai bonus e agli incentivi previsti dal Governo – è tornata in affanno. Gli operatori non sono tranquilli e le persone vivono incertezza su tutti i fronti». Anche il rincaro delle materie prime rappresenta un problema, perché le aziende non sono sicure di terminare i lavori avviati, mentre la committenza non è sicura di poter pagare le opere in fase di ultimazione. Traballano interi comparti sia dal punto di vista materiale che psicologico. Ha proseguito il presidente: «Tutto questo accade non soltanto perché arriviamo da due anni di Covid-19, ma perché assistiamo alle conseguenze di una crisi che perdura da 10 anni, indotta da Esecutivi tecnici che si sono succeduti nel tempo e dalle loro politiche di austerità. Ogni volta che viene approvata una Finanziaria si verifica un crollo della domanda interna, visto che le persone hanno paura, non vogliono mobilitare i propri risparmi né investire sul futuro. Inoltre, siamo in mano a speculatori internazionali e lestofanti di ogni sorta. Se il Governo continuasse con una strategia priva di visioni a lungo termine, prevedo difficoltà. L’ipotesi è che in Piemonte la disoccupazione possa aumentare del 3% entro fine anno, arrivando anche al 10. E pure in provincia di Cuneo, sebbene misura minore, il tasso risulterebbe in incremento. L’aumento dei prezzi sta portando alla diminuzione del potere d’acquisto e sta mettendo in crisi le imprese. Il rischio dei costi che stanno esplodendo si potrebbe presto tradurre in saracinesche abbassate. È una situazione che non può reggere a lungo».

LA GUERRA UCRAINA

Non solo i comparti artigiani sono colpiti. Anche l’agricoltura risulta in stato di allarme. A fine aprile il direttore provinciale della Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Cuneo Igor Varrone ha dichiarato che molte delle criticità derivano dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia: «La guerra ha solo e sempre prodotto morte, distruzione, sofferenze. E l’agricoltura è il settore tra i più colpiti, con la devastazione di territori, campi e produzioni. Tutto ciò significa meno cibo e meno sicurezza alimentare a livello mondiale». Le conseguenze della guerra sono cadute come un macigno sull’economia italiana, ancora barcollante per gli effetti dell’emergenza sanitaria. Varrone: «C’è stato l’aumento dei beni essenziali, che ha fatto impennare il costo della vita, in conseguenza al rincaro dell’energia e dei carburanti. Rischiano ora di saltare i bilanci di aziende e famiglie, soprattutto per i redditi più bassi, come i pensionati al minimo».

PENSIONATI POVERI

Per Cia Cuneo bisogna aumentare gli assegni più bassi, che in Italia riguardano 1 milione e 700mila anziani, di cui un terzo ex agricoltori, passando dagli attuali 524 euro ad almeno 780 euro mensili. L’assegno pensionistico minimo non solo è inadeguato per tutti i parametri previsti dalle norme nazionali ed europee ai livelli di povertà, ma è moralmente ingiusto. I pensionati poveri sono stati dimenticati da tutti i provvedimenti del Governo durante l’emergenza Covid-19, nonostante per loro siano aumentati disagi e bisogni». Per evitare che la povertà e la disuguaglianza dilaghino, servono politiche coraggiose, azioni volte non solo alla conservazione dei privilegi ma alla distribuzione delle risorse, in modo che tutti possano trovare spazi e affrontare i momenti difficili con la serenità di non sapersi soli.

Roberto Aria

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