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Unione Europea: buone notizie da Danimarca e Croazia

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STRASBURGO In questi tempi difficili per l’Unione Europea non è il caso di trascurare le poche buone notizie che trapelano qua e là.

È stata una buona notizia la faticosa intesa raggiunta nei giorni scorsi con il sesto pacchetto di sanzioni, tenuto oltre un mese sotto ricatto dall’Ungheria, che tuttavia ha segnato una progressione dell’UE nella risposta all’invasione in Ucraina, con il risultato di bloccare nel tempo gran parte del petrolio in provenienza dalla Russia.

Altre due buone notizie per il rafforzamento della coesione comunitaria sono invece passate quasi inosservate: il risultato del referendum in Danimarca sulla partecipazione alla politica di difesa dell’UE e la conclusione favorevole della Commissione europea all’adesione della Croazia all’euro.

Per coglierne l’importanza bisogna fare un passo indietro. Per la Danimarca al 1992 e per la Croazia ad inizio del secolo, all’indomani della guerra nella ex-Jugoslavia.

La Danimarca ha una tenace tradizione di resistenza al processo di integrazione europea che si è tradotta in una serie di referendum perlopiù conclusisi con il rifiuto di progredire in tale integrazione. Fu il caso nel 1992 con il no di stretta misura al Trattato di Maastricht, nel 2000 con l’esclusione dall’euro e ancora nel 2015 dalla politica degli affari interni e della giustizia.

Per sottoscrivere il Trattato di Maastricht fu necessario ricorrere a un secondo referendum che, per ottenere una risposta positiva, consentiva alla Danimarca di rimanere fuori da alcune politiche previste dal Trattato, tra le quali l’adesione alla politica di difesa europea. Di qui la rilevanza dell’ultimo referendum danese che, a larga maggioranza, ha annullato la decisione precedente rafforzando la risposta dell’Ue alla Russia, come avvenuto per Finlandia e Svezia con la Nato,  e risalendo sul treno dell’integrazione europea, a riprova che la politica delle “due velocità” può evolvere col tempo verso passi avanti verso l’integrazione.

Potrebbe venire di qui una spinta in avanti verso l’orizzonte di un’Unione a più velocità che cresce nel dibattito politico europeo ed italiano, dando coraggio a chi vuole procedere più rapidamente verso l’Unione politica, senza paura di provocare rotture irreversibili nell’Unione e rassicurando quanti temono per le loro pretese sovranità nazionali di essere per sempre espulsi da una dinamica federale per la quale si sentono oggi impreparati.

Di buon auspicio per l’Ue anche la data del 1° gennaio 2023 quando la Croazia adotterà la moneta unica, allargando l’eurozona a 20 Paesi (oltre il 90% del prodotto interno lordo Ue), con solo più 7 Paesi in una lista d’attesa che potrebbe non rimanere tale molto più a lungo.

Anche da questa decisione viene la conferma di un rafforzamento della coesione interna dell’Unione, particolarmente significativa per un’area come i Balcani occidentali dove sono in molti ad aspettare di entrare nell’Ue, ostacolati da problemi non indifferenti di compatibilità economica e democratica.

Le due notizie mandano quindi a dire che la strada di un’integrazione europea provvisoriamente differenziata è praticabile e non preclude ai Paesi più esitanti di raggiungere il gruppo di avanguardia dei Paesi di orientamento federale, consentendo da una parte a questi ultimi di procedere a ritmo più spedito verso un’Unione politica e a quanti aspettano di entrare di potere nel frattempo beneficiare del grande mercato interno europeo.

Visto quanto sta capitando alle nostre frontiere la strada verso un’Unione a più velocità – quale già è stata ed è ancora – potrebbe essere del tutto percorribile, oltre che urgente.

Franco Chittolina

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