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Cai, un pezzo di Alba sulle vette alpine

Cai, un pezzo di Alba sulle vette alpine
Beppe Bosio

CAI ALBA Speranza è una parola che infonde fiducia nel futuro e permette di guardare più lontano: forse per questo Beppe Bosio, alpinista albese morto nel 2018 in un incidente di montagna in alta Valle Stura, lo scelse per un una piccola struttura un tempo utilizzata per fini militari, nel Comune di Entracque, affacciata sul lago della Vacca e sotto al colle del Sabbione, a 2mila e 268 metri di altitudine.

​​​​​​Un luogo in cui fermarsi durante un’escursione, per riposarsi e per ripartire ristorati dell’energia necessaria: l’ideale per un bivacco, raggiungibile in circa quattro ore da Entracque o dall’alta Val Roya, con un percorso di due ore. Beppe lo ristrutturò a sue spese e scelse il nome Speranza: oggi i suoi amici del Cai albese, che avevano condiviso con lui fin da subito il progetto, sono pronti a gestirlo ufficialmente, dopo averlo ottenuto in comodato d’uso gratuito dal Comune.

Silvio Gilardi, presidente della sezione albese del Club alpino italiano, commenta: «Siamo molto felici di poter dire che c’è un piccolo pezzo di Alba sulle montagne di Entracque, in ricordo di Beppe, che amava tanto le vette. Era diventato un nostro socio non più giovane, ma era solito portare a termine escursioni anche molto impegnative, grazie a un fisico asciutto e resistente. Era il 2017 quando palesò il desiderio di lasciare un segno personale su qualche monte del Cuneese, come un regalo alle altre persone che amano la montagna, ma anche un ricordo del suo passaggio: forse ci pensava da tempo, ma non aveva ancora trovato il luogo ideale».

Lo trovò poco distante dal confine della Francia, in quella piccola struttura senza nome e priva di una destinazione precisa: «Decise di ristrutturarla a sue spese e con il suo lavoro, aiutato da alcuni soci albesi e di altre sezioni del Cai: è stato entusiasmante condividere con lui il progetto, con l’energia che lo caratterizzava».

Venne inaugurato ufficialmente il 13 agosto dello stesso anno: in un momento storico in cui si tende ad abbandonare la montagna e a trovare poche persone interessate a valorizzarla, l’iniziativa destò interesse e venne elogiata anche dai responsabili del parco delle Alpi marittime, in cui si trova il bivacco. Purtroppo Beppe morì il 22 agosto del 2018 sui 2mila 500 metri della Serriera dell’Autaret.

Il bivacco creato da Beppe Bosio sarà gestito dal Cai attraverso un accordo con Entracque

Cai, un pezzo di Alba sulle vette alpine 1
Il Cai di Alba al bivacco di Beppe Bosio

Silvio Gilardi, presidente del Cai di Alba, racconta quanto successo dopo la morte di Beppe Bosio: «Da quel giorno sono passati un po’ di anni, tra cui il lungo periodo della pandemia, durante il quale la normativa in vigore vietava l’utilizzo di bivacchi e rifugi. In tutto questo, non abbiamo dimenticato il suo desiderio: passare la gestione e la manutenzione del bivacco Speranza alla nostra sezione. Dato che era anche una nostra volontà, la scorsa primavera abbiamo iniziato l’iter per ottenere dal Comune di Entracque il comodato d’uso gratuito della struttura, oltre a inoltrare al Cai nazionale la richiesta per gestirlo ufficialmente».

Negli anni, il gruppo di albesi ha sempre continuato a prendersi cura dell’edificio: così, nel 2019, lo hanno tinteggiato e hanno installato un pannello fotovoltaico e delle bandiere. A che punto è il progetto oggi? «Abbiamo raggiunto l’accordo con il Comune per un comodato decennale rinnovabile, che avrà inizio da quando la struttura sarà accatastata, sempre a nostre spese. Non appena il clima sarà più mite e lo consentirà, saliremo al bivacco Speranza con un geometra per i rilievi necessari, così da procedere con tutta la documentazione».

Per il Cai albese, l’emozione è tanta per avere finalmente realizzato un sogno, come conclude il presidente: «Passo dopo passo, anche l’ultimo desiderio di Beppe si sta concretizzando: il luogo a cui ha dedicato tanti sacrifici, e che ha battezzato con un termine così bello, vivrà nel suo nome e nel nome del Cai della sua amata città». 

Francesca Pinaffo

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